Camminavo con gli occhi di chi corre-
ero al lavoro, diresti tu, leggendo-
quando un uomo è inciampato dentro il vuoto
di una scarpa grandissima al suo piede
tagliato per metà. Chiedeva aiuto.
L’ho medicato, fra la volta azzurra delle vene,
mentre il doppio del mio essere nascosto,
per non tradire lacrime, ha sognato
di entrare in fondo all’acqua medicale,
nel sogno del suo sangue da bambino:
correva forte, lo illuminava il sogno-
con la luce presa alle ore più sincere-
e la traccia dell’istinto di volare-
un volo senza ritmo, un volo senza ali,
nessun gioiello legato ai suoi talloni-
____________ in sogno non si vola, mi ricordo,
____________ per raggiungere l’azzurro,
____________ si sale verso il cielo, perché si vola –
fino a incontrare una piccola pendenza
la strada che scende solo un po’ –
allora sì, gli crescevano le ali,
allora il vento offriva la sua grazia,
immergendosi nell’acqua, sui bei fiori,
per farne polvere e farina delle nozze
per l’erba corta, la rada- e poi la neve.
Le mie mani hanno tanto immaginato
il suo piede inconsistente universale..
ohh! era aria, questo so, del suo vero movimento,
lo sollevava così come un uccello,
lui era un grande mantice nel petto,
lui era un largo d’aria,
dentro il sole, immenso.
____________Tu tremi, ho detto, ancora,
____________ donando al suo tallone un nuovo scrigno
____________ e hai trasformato l’incedere nel volo
____________ da un punto di paura allo splendore.
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