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Saliva celeste in ogni suo verso,
come su un ramo che vuole sbocciare
trabocca di vita, appena visibile,
ogni rugiada. Nel mare purpureo
di questo ricordo lucidamente
le piume di uccelli emersi dal lago,
e una stanza speciale, chiamata silenzio–
– una porta, vista di fronte, e aperta,
con l’architrave da destra a sinistra
che dava le spalle al fascio di luce;
entrava chiunque, uno alla volta,
in forma discreta – chi aveva bisogno
prendeva del cibo, lasciato in offerta-
allungando la vita di un seme dormiente.
Al di là del ponte, e appena nascosta
nell’oblio materno, sposo dell’alba,
una donna minuscola come un respiro
sfilava dal sesso del proprio compagno
il filo invisibile di una promessa-
saliva celeste– posandola piano
sul bianco lucente di una parola,
così tanto profonda
da poterla tacere.