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amina narimi

~ ..con la fragilità che io immagino degli angeli quando spostano tra i fiori un buio d'aria

amina narimi

Archivi Mensili: aprile 2014

Nelle ore di luce più comuni

29 martedì Apr 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Nel giorno senza giorni

nell’ombra che raggiunge un’altra ombra

di noi cosa terranno le cose stesse

toccate, per l’eterno?

 

Se la grazia del campo chiude gli occhi,

ridenti di ogni cosa, sul tendine del sole,

nella visione che comanda fino al sangue

tra il silenzio e la saliva degli steli,

nell’aria più sapiente c’è

una pianura immaginaria

allenata nel respiro

sulla lunga sorgente della fede

 

dalla carne al bosco basta così poco,

appena un verso, e il cuore è circonciso

di ogni ben di Dio si alza il canto,

dove le parole non possono arrivare,

dove lecca le cose, e vive, senza pensiero,

 

in questo caos, lì, Ti avrei nascosto

all’ombra dolce, compagno e uomo,

tra gli sterpi, nel rosso mistico della carne

gloriosa, verso l’ignoto

seguitando l’andare come bestia

nell’elegia naturale che brucia la vista

donando ancora la bocca calda

in una via qualsiasi, perché si accosti l’altro;

 

se mi sporgo, è tanto e chiara quella gioia

che mi giunge, la mistura,

con la forza eversiva del suo corpo,

è uno stadio del respiro

che insieme cerca il cielo

con gli alberi di maggio,

da cui rinasce come una bambina

segnata da un mistero

per un viaggio lungo come questo, amore,

 

scoprendo un velo che tiene tra le cose,

con i salmi e con il corpo insieme,

un’addizione di splendore,

nelle ore di luce più comuni.

Fabienne Rivory- Moroir

Opera fotografica: Fabienne Rivory

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Nell’onda ininterrotta di smeraldo

28 lunedì Apr 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Dicono che l’uomo solo

vuol sentirsi dire le cose,

apparenti e finite. sulla verità

non ha mai compimento

il nostro cammino,

per vedere sempre di più nella gioia.

-Così, nel cielo, rimane uno spazio,

e nascosto di vero,

infinitamente si allontana

dal passo che ad esso ci avvicina-

 

Mi hai lasciato una manciata di kippà,

come nelle mani a un ubriaco

che ha perduto le chiavi di casa,

perché non mi ostini a cercare

nei pochi centimetri d’asfalto

illuminati a pena da un lampione

 

Dove è troppo buio forse

non è un posto lontano

la brina che si posa

dove tendere le mani

verso il basso,

con l’assidua cura del muschio.

 

-Realtà minime e profondissime

ci portano là, dove si ferma la sapienza,

capaci di rivelare al cuore, ai sensi,

luoghi negletti della conoscenza.-

 

Se poni le mani tra i muschi, quiescenti,

senza alimenti e radici, se sfiori la speranza,

cogliendo la ricchezza, per ogni colonia,

la lentezza del dolore condiviso

spartisce il suo segreto fino a noi,

intravedendo il sacro, e come accade,

in poche ore di pioggia, tutto questo

 

con l’impronta modesta dell’acqua,

chinata verso il tempo delle origini,

nel proprio splendore capillare,

nel trasporto che avviene

c’è un colore brillante di gioia

che appare indistinta, se guardi,

                   nell’onda ininterrotta di smeraldo

 

così vicina, così piano, una mano,

se vibra insieme, all’altra si fa luce,

nel silenzio contratto della terra,

scambiando segni, di comunione.

Muschi-Ivan Shishkin, Old Fallen Trees - Vecchi alberi caduti

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Portando a velo d’acqua il nostro peso

26 sabato Apr 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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I vestiti impregnati d’acqua, ricordo.

Quel mattino non fu facile

con le ossa delle mani guardare dentro,

dentro il ventre del mandorlo

aprire una breccia, con morbida potenza,

con l’urto delle cose, dei giorni

producono scintille come pietre

sbattute insieme, per vedere la luce

dove l’ombra è più densa,

e tutta la dolcezza fatta piena

accoglie e lega i luoghi interni

col mare della mente

 

Dove pulsa, in segno di benedizione, l’armonia,

ho bisogno ancora di una madre,

in questa notte, e una preghiera

per rannicchiare il viso

dall’esercizio del lavoro fino a sera,

una speranza: rimani un po’ con me,

con le scarpe in mano, e il silenzio quando viene

nella casa vecchia al mare

asciugheremo quei vestiti insieme

 

portando a velo d’acqua il nostro peso

tornerà per terra, come un giacimento,

sbucheranno dolci, i gigli bianchi, e d’improvviso

prepareremo qualcosa che somiglia

alla nostra canzone per l’estate,

per ogni giorno. Non va perso niente-

dall’interno del corpo,

è carne vera il suono che trionfa

-nella sua storia d’amore con l’immenso.

 

work together - ©CAO Shihua

 

 

 

 

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Nella quiete vasta delle mani

23 mercoledì Apr 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

acqua, antenati, Cammino, luna, mani, preghiera, quiete, sera, tana, uccelli


Affonda dentro ogni volta le mani,

a toccare  l’odore che bagna la pelle,

col cuore in sussulto, d’inchiostro

che morde in un verso, e si arrende,

poco prima dell’alba,

quando una linea divide

il resto dal cielo

 

annuso nell’aria come una bestia,

seguendo la cerva fino alla tana,

per ricordare la gioia

come sia iniziata  a venire

in tutto piena a dare sapore,

a farsi di luce, dentro un grande silenzio,

il breve respiro, il primo passo per terra

nei fili di giovane erba

 

così mi appare il suo volto

quando l’amore si è fatto

già un albero alto,

non solo una greppia- aveva l’età

della vita, vibrante nell’aria

e radici fin dentro nel cielo,

dove l’acqua nasce di spinta

dal dolore dei sassi. Tutto canta

sui lembi di una stessa ferita

 

nella marcia misteriosa di una goccia

che scende con la sera nella gola

dei cervi.  È un lamento da seguire,

respirando dai talloni

l’urina luminosa sulle foglie,

per la femmina lontana, all’alba-

 

per  la stessa sete noi

attraversiamo il cielo,

seguendo gli antenati,

col filo di una musica che dopo

sará il vuoto e la fantastica bellezza

del sangue scintillante sulle foglie,

bianche. nei giardini della mente

 

un cammino interiore,  le tue mani-

un ciclo d’acqua, di bestie ,

in un ultimo slancio,

lungo il sogno dei mangiatori di loto

in cerca di parole e creature

-nella casa della sera

come uccelli sacri,

quando tornano al nido

con germogli e semi,

luminosi di fibra, di preghiera,

cui m’affido…senza temere

l’impronta  che mi sfiora al buio

 

 è nella tua lingua che mi curo,

che metto in bocca  il suono delle dita

e con gli stessi occhi trasparenti

ci bagniamo le ginocchia,

piegate insieme nella notte,

aprendo un frutto al seno

lo splendore del racconto

dove il Tuo fluire è cielo

che avanza tra gli alberi e invoca,

con il corpo di una goccia sola,

piena di canti, e folta del bosco,

la luna,

nella quiete vasta delle nostre  mani.

cantico-dei-cantici-marc-chagall-1-300x255

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Alla Stazione del noce

19 sabato Apr 2014

Posted by Amina Narimi in Senza categoria

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Nel sacro cerchio dell’assenza
splende  invisibile il ricordo,
come nascondesse quel che svela,
dove noi siamo più vuoti,
il suono bianco di una lingua
dentro il tocco dell’aria:
anima e corpo in una tazza
d’acqua fresca, che torna alla sua terra,
chinando il capo,  nelle mani di Dio.

Nel gesto nudo e vedente insieme
possiamo prendere respiro
da quell’albero nero della notte
filtra ancora un sole come argento,
il silenzio da cui affiori,
si posa sui tre pini, e  sul tuo noce,
in questa sera umile, la pace.
 
Nel distante odore che m’invade,
io ti ascolto.  e un poeta è l’albero
-al centro della sua figura le pupille-
bastone segreto e testimone estremo 
impregnato di visione,
come dopo un lungo viaggio,
quando rimane il tempo leggero sulle braccia
senza vestiti e il ventre magro, alla stazione,
fradicio di gioia , dell’amore fatto,
che batte nel cervello come un polso
quando in cielo, la stessa ora di ogni sera,
c’è una nuvola, nello stesso punto,
che cambia solo  di colore,
fino a perdersi, nel  bianco più lucente

è una casa senza peso e di preghiere
un lungo lascito di sogni,
che confonde l’immortalità della ferita
con l’imminenza della Pasqua,
spezzando  il pane- come una prima madre
che divide la notte dal suo latte
mantenendo solo il seme al buio-
per ripartire da tanti anni fa,
con i sassi sotto i piedi e le farfalle
nel midollo, senza sosta, e nel sorriso
 
Tutto va alla foce di quegli occhi neri
nel restituirne la bellezza,
per come segue, nella  luce,
se tocchi questo muro della pelle,
tolta l’acqua che ho negli occhi adesso,
vedi che si muove ancora il giorno,
che risorge  sulla creta  dei sentieri
per mostrarsi nell’intero della voce-
se  solo tu conosci il timbro
e il sogno gonfio della Pasqua.

Lassù condurrò il babbo, sotto il  noce,
a respirare come figli piccoli. Forse tornerai.
Tornerai nel vento a fermare le sue lacrime,
nel punto esatto dove nonna
coltivò la tua placenta, con un fiore.

image

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Nel tutto vivo della grazia

13 domenica Apr 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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È questa piaga luminosa che ti offro

-nella piena oscurità che ci divora

nella pausa del viaggio più silente-

un’umida soglia e quel che ho dentro

di simile alla gioia, per entrare,

con la delicatezza del tuo corpo,

da parte a parte, senza voce

 

 

là, dove ti aspetti di trovare acqua,

c’è miele selvatico, tra la pelle e il tronco,

nel tutto vivo della grazia

sul lunghissimo amore, che sente

come un utero contro un altro utero,

in un luogo uno, arreso alla dolcezza

di tutti i silenzi

 

tenendosi le mani coi pensieri

una corda vocale passa per la cruna

stabilendo il suo contatto, e una nuova lingua

è un’alba in abito da sposa,

nell’immersione totale del battesimo

 

In questo stesso luogo

lo squarcio madido del vuoto

ci riempie il viso e attira

dove un Dio ci sente vivere

per accogliere la luce,

come nella terra pronta

le sementi

dopo un tempo di riposo

 

(mentre il padre si ritrae

diminuendo

perchè suo figlio cresca)

                  in questa piaga luminosa

                                   nel tutto viva della grazia,

tenendoti la mano coi pensieri,

in un luogo uno, prego insieme,

tagliando i rami intorno ai segni

per scambiarli con Passione e ricordare

l’ansimare di un respiro,

sentendo che sei tu, tra le radici,

nella cavità dell’ombelico,

il corpo iniziato dentro il grembo

 

E tutti quei bambini sulla schiena

brillanti, fin dentro la terra,

attraverso la piaga stessa, ridono.

P. Gauguin

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Nello spazio di carità del nostro vaso

09 mercoledì Apr 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

ascolto, luce, mani, memorie, rosa


Ascolto, dentro il vaso di cristallo,
le cose che non conosco, la radice
e il cielo tra le mani:
i suoi passi lungo i vicoli di Praga.

E un taglio netto si apre sul leggio,
la ferita del bordo screpolato,
è la cicatrice che portava sul tallone
per quella distrazione della rosa,
mentre i vetri scivolavano per terra,
e i gesti lenti della fasciatura, poi,
serene confidenze del regalo

con gli occhi chini nell’anima del vaso
ho la tua parola e quel foulard
che si slega, e che si apre
al viaggio della sete,
che si ciba di memorie
per unire il tuo tessuto al canto

ma la parola ha lacrime stasera
che tintinnano sulle ossa di cristallo,
e gocce d’oro, dove finiscono i rumori,
poco a poco, tenere di pioggia.

Lo so. Sei qui. Nel cerchio della vista,
soffiando al tempo come puoi:
siamo ancora scalze per le strade,
nella roccia cava di quel cielo, e brilla,
tra i tuoi capelli neri, come una corona,
anche il dolore, ridotto, infine, nell’ascolto,
penetrando nella pelle a lavorare-

 

la sua energia è un taglio sopra il cuore,
trasformazione sulla carne in luce
tra le mie mani tese e la tua offerta,
siamo confuse col nocciolo divino-
nello spazio di carità del Nostro vaso

c’è un mistero grande, al centro della rosa,
un manto umido, messo da parte, come sacro

dolden III

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Hanami..

06 domenica Apr 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

Hanami


C’è ancora tanto da guardare.

C’è il rumore con cui siamo partiti

nascosto nella terra

catturando i guizzi dei muscoli facciali

col riflesso di parole in superficie

di un’acqua più profonda

 

 

Dietro alla facciata delle case

il non detto delle stanze, i corridoi,

i vestiboli dell’intero corpo pesano

persino più del mondo che si tocca

Nel suo modo d’essere Originario

hanno una grammatica privata

un’oscura forma le cose che noi siamo

per non assassinare la magia

volevi mangiare i colori della vigna rossa,

disinfettarti alla luce di ogni giorno,

per scorticare la pelle con la sua dolcezza,

fino a spezzarti nel cielo, ricostruirti

sugli alberi, tra i muri, sui volti che fanno.

 

ti cerco come posso, dietro la schiena

e sotto le suole. C’è un Prima

-un flusso che attraversa lo stesso luogo

che gesta le radici, nelle praterie della verità-

catturato con lo sguardo, non c’è errore

della vista, attraversando tanto spazio,

se oggi diventa tonda la tua casa

da lontano, tra realtà e vita. porto un sassolino,

un fil di lana anch’io, dove mi siedo,

insieme alle parole uscite via dal corpo

 

c’è così tanto da guardare

leccando l’alfabeto di ogni fiore

in cerca di salvezza. Sono due in uno

con ali bagnate nella polvere,

hanno un movimento circolare

prima di cadere, nel profondo che trattiene,

si fa eterno l’anima, prossima al vuoto,

affollato di luce

 

è l’intreccio di silenzio e di vocali,

la celebrazione, madre di se stessa,

un divenire prima di spiccare il volo

il sacrificio delle parole verso il corpo,

che genera l’amore,

al limitare della ragione,

perché ancora da dirsi..

nel respiro

 

 

è da là che viene dentro, lo stupore,

con  altri occhi, della mente,

e lo consegna in dono sulla lingua

nell’attimo che tocca appena il fondo

in una sola luce immaginale

è l’hanami, di vita in vita, che risuona

fino alla dimora del principio,

che si apre, ancora senza nome,

dove la sua voce è quella stanza

con gli alberi, e tutti i fiori dentro

hanami

https://www.youtube.com/watch?v=AR0SlCTj1Bo

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È chiaro ciò che cerco di toccare

04 venerdì Apr 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Mi hai condotto nel tempo anteriore a questo esilio
penetrando nello spirito, nel suo principio al nome;
delle nostre lingue differenti hai fatto pentecoste,
dove il legno è primizia della croce,
in questo quattro Aprile, e oggi

 

sull’orlo del mio abito, colorato,
qualcosa vive e luce a giorno
è la radice interiore di quel figlio,
la gestazione, al culmine del dolore,
che promette di crescere
senza voltarsi indietro,
per diventare a ogni gradino carne
e tempo eterno insieme, nell’epiclesi
riunendo il cielo alla mia terra,
dove le acque sono amare
e amaro il nome. Condotto al tempio,
intanto sale,
comprendendo tutto l’infinito
che si limita nel cuore,
come canta l’ufficio di Natale:
“la terra offre una grotta all’inaccessibile”

 

Ha le gambe nude questo riso
di mio figlio
con una mano sola copre il pube
nell’istante in cui tutta la tua voce
ci raggiunge a domandare del finito,
aprendo una porta, in risonanza intima
col nome, nessun segreto divide più
le nostre labbra separate. Nel dire: io ti vedo,
Luca- è chiaro
ciò che cerco di toccare.

Egli riderà per sempre
dove Dio ha fatto un riso
anche per noi.

ODORE

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Tutto è nozze

02 mercoledì Apr 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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La tua Lilith, Adamo,
il suo grido più forte,
è solo
un giglio rimosso,
una libera donna
in cammino ogni notte
una nuvola in viaggio. Gemella

 

nella tua cena segreta
ti narra l’amore in aperta campagna
con l’erba del cuore ti avvolge
scalando i miracoli fino al mattino
sfoglia le pagine dei nostri passi
e diffonde foreste con la pelle dei sogni
con la dolcezza di ogni parola
costruisce le nostre pareti
inondando con l’ombra le stanze,
più fresche al mattino,
come la prima preghiera

Sei l’onda venuta fuori dal mare
di tutte le lingue e mi segui
mescolando i miei piedi alla luce
strappata dai nervi del cuore
con la spina dorsale mi doni gli anelli
e un nuovo ombelico ogni volta
fiorisce, con un canto imponente
sul Reno
piegando i lembi alle vesti
come un ricordo e sull’acqua
raccolti i capelli all’indietro
nasce un sorriso. e ti guardo-
Ci conosciamo? Per caso?-

“donna e uomo, sacerdotessa e tempio”
sono la tua poesia. Velata e nuda io
mi nutro del suo corpo
dentro queste valigie senza fondo
per diventare sposa a questa madre
che ho generato
aprendo la mia fessura, l’anima,
sulle palpebre inviolate del tuo sonno
quando lacrima la notte sopra il viso,
e colmare il vuoto senza nome
tessuto sul mio vestito
per un simurgh

Sono una donna, e il sogno
è una via, che cerca se stessa
come saliva
trasportata dai pettirossi
null’altro
tra gli alberi che amo
e l’ombra del balcone
sulla casa

lá, dove il tuo sguardo si distende
mentre il nostro profilo si allontana,
nella sua magrezza, c’è questo fruscio.

Ė il principio di un odore
che vaga nelle cose,
fino a quando scompariamo,
impregnando il petto
con le ceneri della nostra storia

tra le mani sollevate,
a sostenere questi fogli
come una candela,
c’è lo spazio di una gioia
che disegna ombre
come angeli
più alte di ogni muro

Tutto è al suo posto, ora,
quando salgono, quando scendono
uno stesso flusso di vita

 

Non chiudere il libro
per mille e una notte
saremo ancora nel frutteto
con la forza capace di mutare
dall’immagine alla somiglianza
divenendo, ognivolta,
un’anima vivente
e luce piena, infine ,
nel luogo della nostra nascita

Nel molto antico dell’interno di ogni cosa
tutto è nozze,
nel profondo del buco senza fondo
che è la luce.

Tutto è nozze

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POCHI AMICI * MOLTO AMORE :: Il blog di Carmine Mangone

Pensieri Parole e Poesie

Sono una donna libera. Nel mio blog farete un viaggio lungo e profondo nei pensieri della mente del cuore e dell anima.

Scritture

Marco Ercolani

Sempre giovane è la conoscenza

Leggere a tutte le età

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ALPRIMOSGUARDO

Rivivere, raccontare ed immaginare... la miglior descrizione della fotografia.

DI SESTA E DI SETTIMA GRANDEZZA - Avvistamenti di poesia

a cura di Alfredo Rienzi

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"Mi manca il riposo, la dolce spensieratezza che fa della vita uno specchio dove tutti gli oggetti si dipingono un istante e sul quale tutto scivola." Alfred De Musset

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When the green woods laugh with the voice of joy, And the dimpling stream runs laughing by; When the air does laugh with our merry wit, And the green hill laughs with the noise of it.

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