Nel giorno senza giorni
nell’ombra che raggiunge un’altra ombra
di noi cosa terranno le cose stesse
toccate, per l’eterno?
Se la grazia del campo chiude gli occhi,
ridenti di ogni cosa, sul tendine del sole,
nella visione che comanda fino al sangue
tra il silenzio e la saliva degli steli,
nell’aria più sapiente c’è
una pianura immaginaria
allenata nel respiro
sulla lunga sorgente della fede
dalla carne al bosco basta così poco,
appena un verso, e il cuore è circonciso
di ogni ben di Dio si alza il canto,
dove le parole non possono arrivare,
dove lecca le cose, e vive, senza pensiero,
in questo caos, lì, Ti avrei nascosto
all’ombra dolce, compagno e uomo,
tra gli sterpi, nel rosso mistico della carne
gloriosa, verso l’ignoto
seguitando l’andare come bestia
nell’elegia naturale che brucia la vista
donando ancora la bocca calda
in una via qualsiasi, perché si accosti l’altro;
se mi sporgo, è tanto e chiara quella gioia
che mi giunge, la mistura,
con la forza eversiva del suo corpo,
è uno stadio del respiro
che insieme cerca il cielo
con gli alberi di maggio,
da cui rinasce come una bambina
segnata da un mistero
per un viaggio lungo come questo, amore,
scoprendo un velo che tiene tra le cose,
con i salmi e con il corpo insieme,
un’addizione di splendore,
nelle ore di luce più comuni.
Opera fotografica: Fabienne Rivory