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amina narimi

~ ..con la fragilità che io immagino degli angeli quando spostano tra i fiori un buio d'aria

amina narimi

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Ogni volta che ti vedo eternamente

25 lunedì Mag 2015

Posted by Amina Narimi in Poesia

≈ 1 Commento


Col viso accolto nel silenzio
mi hai mostrato come fare
a raccogliere i fiori delle felci
con le mani a lume della luna,
come un’ostia, immersa dentro i fossi,
contro l’erba dello smarrimento

quando benedicevi la vallata
nel più semplice dei riti all’orizzonte
seguendo i vitelli al primo pascolo
con i semi alzavi una canzone
madida d’eterno. la tua gioia, ora,
come un’erica che sbuca nell’inverno,
cammina a piedi giunti col mio pane-

una mano smuove il filo del silenzio
e si lascia cadere nello sguardo
qualcosa di esistente come il nulla
negli steli più lontani, in cima agli alberi-
legandoci al passato ed in avanti
giacendo accanto a noi, come una bestia,

conosco l’ampio dorso del silenzio,
un animale sempre vivo
quando sporge nella sera e s’inabissa
nel profondo della pancia, lentamente,
quasi fosse un suo risvolto
per quanta cura c’è, e discrezione,
nel tu del gesto che mi ascolta-

come un nido che sognando
inizia per cantare nello spazio
sporgendo le sue ali come fiori
propagando a fondo lo splendore
che accompagna e segue ogni parola,
l’indicibile che abita nel verbo,
che ricopre la risposta trasparente
quando torna a trattenersi nel respiro,
nel paradiso delle voci impercettibili.
Così ti parlo, clandestina,
nei miei piccoli campi della luce,
godendo fino all’estasi dell’ombra
per assumere le nostre solitudini
a legame disumano, in questa vastità:
faremo un altro viaggio e un canto nuovo
allargando gli occhi chiari come pozzi
per i fiori trasparenti delle felci
ci fermeremo alla stazione delle immagini
raccogliendo il tempo in unità

si chiuderà la notte,
come fanno le stagioni sui ciliegi
quando il bianco appare d’improvviso
e il verde va da un albero a quell’altro,
finché una lacrima compare,
finché la rende visibile una luce,
facendo l’arco e ricadendo come neve
per quando sarà grande, per quando tornerà
a sprofondarci dentro, smisurata
riprendendo la poesia, nella parte dell’inizio
risorgendo originaria la parola
ogni volta che ti vedo –

                               eternamente.

eternamente

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Dentro le tue mani

24 domenica Mag 2015

Posted by Amina Narimi in Poesia

≈ 2 commenti


C’è la questione del passato,
uno stato glorioso,
quando non respiravi.

Fino al nulla  puoi ricordare
senza memoria  cosa facevi
otto giorni prima di entrare
nel grembo di tua madre,
dove hai chiuso gli occhi
e sei scomparso

un essere. A volte si sente bene
la pelle,
è il nascondiglio della tua illuminazione,
l’universo che tu sei nel sonno,
nel sonno profondo della veglia.

Dallo spioncino  puoi vedere
dal filo d’erba all’infinito
il genitore, l’ultimo, senz’occhi,
il testimone solo, la radice,
che avanzando retrocede,  
come un mantra,
che affonda in cerca d’acqua
Se posi qui la mano,
se bevi la preistoria tra le ossa,
il caldo umano che ti offre
è la  poesia
che da te si leva, e dappertutto
riposa le dita dell’amore,
nel cavo dell’onda,
i tuoi fragili piedi. Sulla montagna 
strappa il cervo irredento
alla morte dell’eterno,
gridando la parola favolosa
nella gola del torrente
donando il nostro nome
come fosse una culla
dove va a posare il mormorio
della prima goccia d’acqua.

Proprio dentro le  tue mani
palpita la gioia
tra vergogna e riso
sorregge gli sposi
con le fiaccole negli occhi.

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Come fa l’arcobaleno a venir fuori

18 lunedì Mag 2015

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

arcobaleno


il libro dei doni

Fa  vedere l’anima

di spalle

senza bisogno di voltarsi,

con la schiena incurvata sopra il secchio

mentre gira l’orzo con le braccia

e le mani come a trattenere

seni gonfi di latte.

Ha  una voce d’amore

il fiato caldo tra le scapole

ricostruisce l’unità

nel più semplice disegno.

 Comincia con le orecchie la sua storia,

la discesa dolce in fondo al ventre

di un padre col neonato sul capezzolo,

quando preme l’esile membrana

del risveglio,

il verso non formato ancora

e la carezza,

che dovrà percorrere la mano,

dallo specchio al volto.

-mi sono amata tanto,

per amare,

ho leccato il sale in prossimità del suolo

mi sono vista fiume ed alveo vuoto

 poi ancora acqua e dèi,

la linfa dell’ulivo,

un vino nero senza Dio. Negli occhi

il senso misterioso delle uccelle

quando covano nel ghiaccio

 i rami rigidi dei pini,

il grido delle foglie di oleandro

 finchè un cervo

 in mezzo al petto

trattenuto dal morire

non mi venne a respirare con violenza

fra le ossa

 in questo mondo. E’ così la morte,

un  solo chicco,

ma la risaia è immensa, e oltre il cuore

c’è un bambino-

nel crampo della pancia,

il suo  puntare nella stalla

a chiamare gli animali con la gioia

appoggiata sulle mani-

che risale le rapide del fiume.

Lui solo può cantare

come fa l’arcobaleno a venir fuori,

col profumo ricurvo di bellezza,

la splendente creatura

che da basso,

più forte di una forma,

riverbera l’eterno.

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Benandante..

07 giovedì Mag 2015

Posted by Amina Narimi in Poesia

≈ 2 commenti


-Muta nei dialetti,
nella camicia,
l’innominabile placenta,
la tua paura
d’Uomo. Sacro
per te è l’orribile,
l’inconoscibile del sesso,
dove vita e morte si confondono,
il sangue
nel Celeste del bambino. –

Siete venuti spinti dalla palude
avvolti nel sacco d’acque scure
inconoscibili, tanto uguali-
nella grotta tiepida
nato due volte, tu
e l’altro te stesso, fratello
e madre insieme-
dipinti d’ocra rossa.

Danzando su un filo,
vi ha partorito e stava
come essere il tuo doppio,
spirando nel cordone, nella pancia
ti ha dato il cuore, la placenta,
tua celeste comunione, sulla terra
ostia nel mare della vita.
Soffio gemello originale

eri grande la coda di un cavallo
che ti hanno svelato l’anima d’uccello,
la consegna tra le mani: il benandante
che tu sei- un foro,
qualcosa di numinoso dietro il collo,
che ti sospende ancora il fiato,
quando senti la chiamata delle tempora
che ti fanno volare profondissimo,
a combattere gli spiriti che tengon l’erba bassa
che non fanno alzare il pane nelle notti.

-Non gettare la placenta-
ordinava bisbigliando senza denti
quella zingara nel campo di mia nonna-
lasciala fiorire insieme al mirto,
dove la nughedda ha fatto un buco
sul fianco della mèndula, vivrà

sugli alberi. Lo vedrai salire
scendere la sera in una foglia,
quel suono profondo che posa,
disegnando un otto sull’erba,
schiarendo negli occhi il riflesso,
di una poesia.

il benandante

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Nel rosso dei papaveri da frutto

04 lunedì Mag 2015

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Una notte intera ferma poco

l’uovo luminoso da cui nasce,

lasciando buchi

in ondate che si estinguono

come allunga la mano alla mia tesa,

capace di splendori. Come pazza

mostravo tra le mani una canzone

contemplando un’altra forma dell’amore,

come un Dio inabissato che risorge

con la freccia inavvertita, che non brucia.

Un evento naturale. – mi ripeti-

Custodiremo questa grazia pura.

La bianca, ancora intatta tra le dita,

distribuendosi in un’ombra appena nata

del bambino dell’albero e l’uccello,

ci rimanda nell’orecchio l’amicizia,

la parola favolosa sulla carta,

col suo nome primitivo prende forza

offrendoci la gola, schiena a terra

nel viso silenzioso dell’infanzia.

Senza paura ci scambiamo il sangue

con le dita passate sulle labbra,

appena incise con la pietra, rosa.

la vertigine è il linguaggio,

più argentea del lulan mosso dal vento

più madre di una lepre nella tana,

una tigre nata al buio della bocca

quando porge il muso insanguinata

e muore

affidandosi al segreto: che rimane

è un calpestio di cervi nelle vene-

nello stadio del respiro fuoribordo,

una danza nelle fiamme per soffiare

col silenzio sulle spalle di un monsone-

purificati, senza entrar nel Nilo,

nel rosso mistico dei papaveri da frutto,

con la grazia più violenta, far l’amore

in una via qualunque del mattino

con la lingua colata nella vita,

per donare, con la bocca ancora calda,

la mistura di una luce così intensa

-nell’acuta tensione, nel contagio,

ha qualcosa di talmente oscuro

l’odore della nostra cerimonia

che confonde il senso fino a quell’istante

cieco col vedere che si accende

da se stesso, che s’incide come carne

che raccoglie la bellezza.

E tutto è obliquo, come il mio tremare

che non cessa di discendere e curvarsi,

in ogni anfratto scuro, trascinando

con sé il tempo, dove l’iride risplende

senza distinzione, fecondando

il gemito, il sussurro destinato :

allora il punto più vicino della terra

non è il punto del cielo più lontano,

di qui la pace che discende

del mio sentirmi insieme allo scoperto

e al centro di me stessa. La parola,

liberata dal linguaggio

non è lontana dal silenzio

e comunione

Gauguin noa-noa

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Nella partenza di Beltane

02 sabato Mag 2015

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Cecilia Fesser 1Nella casa del Toro, la quindicesima,

conducevo il bestiame ai falò,

il grande cervo alla sua sposa.

Mi portavi dentro maggio, incandescente,

con le bacche di ginepro e di lillà

nell’orifiamma impuro della chioma,

aprendo il grembo dei colori, penetravi

purificando l’eros, con audacia,

l’amorosa ondata in seno

palpitante di io sono

dove si nasconde un Dio

Se tocco con le ceneri la bocca,

gridando come fiera il desiderio,

così limpida diviene la memoria,

e la voce fiorisce dalla terra

come ruote dorate tra le braccia,

andando più lontano della fede,

sul fiore stesso lei si adagia, e gode,

mangiando il vino più profondo del pensiero,

nutrendo gli occhi. Fino all’allucinazione

il femminile cinge il forte verso l’osso,

sradicando ciò che non è ebbrezza,

per andare al centro della rosa

per introdurti nel ventre di mia madre,

rompendo il guscio al mistero dell’estate.

-Nella casa del pane occorre fame,

come linfa dopo ogni regressione

nell’occulto dell’ inverno. Non è forse

il chicco del tuo grano il figlio stesso

di chi lo suda con la forza,

con la fecondità del toro,

disposto ad aprire le sue viscere

Al torrente di Gihon?- Salendo sposi

c’è un sabbat

nella partenza di Beltane

che anticipa l’aurora:

da un’altra altezza si può amare

da qualche parte nel profondo

congiungendo alla passione la purezza

come il corpo della donna, che vibrando

della luce della carne liberata,

copre il Cristo in una stoffa, nuda.

E tutto è nuovamente

senza fare mistero del segreto,

prendiamo ancora il volto che avevamo,

la spinta d’amore, prima di nascere.

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DI SESTA E DI SETTIMA GRANDEZZA - Avvistamenti di poesia

a cura di Alfredo Rienzi

intermittenze- scritture di Anna Leone -altre voci-

"Mi manca il riposo, la dolce spensieratezza che fa della vita uno specchio dove tutti gli oggetti si dipingono un istante e sul quale tutto scivola." Alfred De Musset

Abner Rossi Blog Ufficiale

Teatro, Poesia, Spettacoli

V.&V.travel

Live life with no excuses, travel with no regret.

Silvia Montefoschi

- il pensiero uno oltre la psicoanalisi -

ALESSANDRO DEHO'

blog personale di Alessandro Deho'

Domenick Diary📚

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*Assonanze* Io sono stato prima; quando, dove o come non posso dirlo... - Dante Gabriel Rossetti

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THE MESS OF THE WRITER

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Colpevole Innocenza

Tribute site to Ren Hang - Contributions are welcome

Nonapritequelforno

Se hai un problema, aggiungi cioccolato.

Ushma Patel

When the green woods laugh with the voice of joy, And the dimpling stream runs laughing by; When the air does laugh with our merry wit, And the green hill laughs with the noise of it.

Sons Of New Sins

Parole libere. In armonia con il suono del silenzio.

Stefano Cicchini

Italian Influencer & Instagram Specialist

claudia zironi

Un cielo vispo di stelle

Laura Berardi

La vita è un uragano di emozioni

Il Canto delle Muse

La cosa importante è di non smettere mai di interrogarsi. La curiosità esiste per ragioni proprie. Non si può fare a meno di provare riverenza quando si osservano i misteri dell'eternità, della vita, la meravigliosa struttura della realtà. Basta cercare ogni giorno di capire un po' il mistero. Non perdere mai una sacra curiosità. ( Albert Einstein )

Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

vengodalmare

« Io sono un trasmettitore, irradio. Le mie opere sono le mie antenne » (Joseph Beuys)

Inverso - Giornale di poesia

Pensieri Scritti ElyGioia

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Non di questo mondo

Nel mio taschino c'è tutto quello che va conservato per non andar perduto.

LIMINA MUNDI

Per l'alto mare aperto

Di poche foglie

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Ettore Massarese

un navigatore cortese

y o k l u x

la poesia non è un museo delle cere e non è un pranzo di gala.

Qui e Ora Associazione Culturale Pedagogica

ℓα ροєѕια ροяτα ℓοиταиο - ροєτяγ gοєѕ Ꮠαя αωαγ 🇮🇹

ตαɾcօ ѵαssҽllí's ճlօց բɾօต 2⃣0⃣0⃣6⃣ – թօաҽɾҽժ ճվ sαճíղα  ♥ Diciassettesimo anno ♥    

Debrecen chiama Italia

i nostri colori finalmente uniti

GRETA CIPRIANI

Pianist, Poet, Composer

Seidicente

altrimenti tutto è arte

Il Calamaio Elettrico

Sito ufficiale di Mauro De Candia, scrittore

La Sicilia, terra e donna

Il blog di Donatella Pezzino

Louis Book World

"Interrogo i libri e mi rispondono. E parlano e cantano per me" F. Petrarca

I pensieri di Hamaika

Scrivere la vita.

LATITUDINI E ALTRE PAROLE

marcellocomitini

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Poesia per tutti

Alessandria today Magazine - Pier Carlo Lava

Lei era grande, buona, generosa, fedele, si chiamava Raissa, era la mia cara grande amica, di Pier Carlo Lava

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di Sebastiano A. Patanè-Ferro

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