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amina narimi

~ ..con la fragilità che io immagino degli angeli quando spostano tra i fiori un buio d'aria

amina narimi

Archivi Mensili: gennaio 2014

Morsa di puro amore

31 venerdì Gen 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Anche senza bagnarsi nel Nilo,

purificando la lingua sugli alberi,

dove il balzo verticale è verso Dio

mi bagno sulla tua corteccia umana.

dalla carne all’inguine del bosco

ti conducevo come fossi genesi

dilatando quell’immagine sui rami,

per quel tono  fragile che avevi –

al centro della piana di Senaar

nel mezzo di un profondo sofferente-

se restavo nella cerva a far l’amore,

col rigore con l’impegno e con la forza,

folle

nel desiderio di unità.

 

Santità si scrive qedusah e prostituta- qedesah–

In lingua ebraica ha radice di sorella, poi di Issah

se l’Uomo sposerà quell’Altra parte-

senza prostituirsi all’esteriore del piacere

così gelando in ogni dono, se non viene

reso matrice il corpo, ma prigione, infine tomba-

passando dalle nascite alla nascita, dentro se stesso

dentro Rahab– la prostituta che avverte lo splendore

delle spie di Giobbe, e lo protegge sotto il lino

steso sul terrazzo- nel suo nome c’è la forza,

la volontà d’estrarre pesi- con la mente

satura di Nulla- alla miseria,

per un momento di felicità. Ha ricevuto tutto,

il signore col barbone e il suo mestiere

quel giaciglio divenuto letto

di morte o culla a nuova vita. Ha tanto amato,

lasciando andare chi amava, trattenendo

il ripugnante. ha pianto. È Rahab

che ora sente gli altri esseri come i sogni,

con una parte privilegiata di se stessa,

da un’altra stretta, ha colto il filo rosso

che si lega al polso dall’interno

spremendo il succo nel suo sangue,

più delle spinte

che hanno fatto sconvolgere il suo ventre

Ha scelto la parte migliore anche Maria

di Magdala non si è affatto preoccupata

della buona reputazione o della legge. Ma

nel pieno dell’orgasmo ha colto un punto luce

verso il quale volgersi, riprender vita, là,

dove provava il suo piacere, l’elevarsi in un’offerta,

nel desiderio folle che l’attira

in una irresistibile vertigine

e vi sprofonda e si abbandona

cozzando da ogni parte i suoi demòni

e contro i piedi di colui che mai credeva

di raggiungere nel franare a pentimento

nè filtrare di un’aurora nella notte-

ponendole la mano nell’orifiamma impuro

sulla chioma, che benedicente inonda

poco a poco come mai gli amanti prima-

con la tenerezza di un Altro Amore, scorre il nardo,

un’intuizione di pace nella stanza del Signore

ebbre di santità. Vanno e vengono queste donne,

prostitute nel fiume della vita, poi

si fermano per ascoltare e contemplare,

accompagnando l’uomo di dolore, con l’ardire

del pericolo. Donna! E’ la Prima parola

del Risorto. Poi Maria. Finalmente amata

 

sotto gli alberi più verdi e le montagne

dentro il fango stabiliamo le radici

di quel Nome che ci chiama dove nasce.

 

è di una grazia così violenta

che si ama con la gioia

verso colui che si nasconde

che appartiene ad ogni Anima vivente

La trovo là, in quel punto

che non ha la dimensione,

nel cuore della rosa, che diviene

nel dramma lo splendore,

devota al proprio nucleo. Morsa di puro amore

è il dolore di Noialtri se vicini

come un passo innalzato nella neve

che più dolce chiama e il palpitare

è come se cogliesse che cerchiamo in cielo

dove l’Ora ha nascosto le vigilie

 

di un segreto inverno

se il dolore è una ferita

è da lì che passa l’inatteso

l’invisibile mistero della gioia,

nell’offerta di se stessa fatta carne

con la mano sempre tesa sulla piaga

luminosa, nella pena più rinchiusa,

immergendoci lo sguardo,

si può scorgere  l’Iddio,vivendo,

incontrarlo mentre affonda

nella morte che guarisce, con l’amore

 

se lecco il canto buio dentro gli alberi

mi ritorna melodia, dolce midollo

dove è il globulo rosso che scompare

attraverso la parola Prostituta

ripetendo ” Voi siete mia Madre“

con la forza di una Santa Eredità-

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La sera e l’acqua fanno un solo cerchio

29 mercoledì Gen 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Ci sono Vergini  Nere, spose non sposate,

Seppellite sottoterra in tutto il mondo

Dall’isola di Pasqua fino a noi

La terra è piena di queste statuine

Della vergine che deve partorire –

 

Virgo paritura-

sei andata al mare con la brocca sulla spalla

per consegnarti ai suoi colori ti attendeva

per inchinarsi sugli scogli

portando a fine il viaggio della pioggia

e un’ immensa gratitudine nel cuore

è una mangiatoia il nutrimento che mi viene:

le tue parole e l’acqua che ti scopre madre

di un amore tenero, che ti scava un vuoto,

camminando scalzo il mare

 nella casa del pane

sostengono la sera, dove ho riposato,

l’ordine impercettibile di una fede

ed una tua poesia nel segnalibri

piena di svolte, d’impronte umide di fame

di mandragore, dove si bagna con l’amore

il sale fondamentale d’ogni cellula

capace di mutamenti, di tenerezza divina

nel pieno delle tenebre

tutto il vero non è mai definitivo

come la verità,

se ti vedo di nuovo scomparire

un passo dopo l’altro le parole

nei gesti quotidiani dare voce all’afonia

sentendo che il tuo cuore batte lento

mentre io ancora corro via dal labbro

che copri con le mani e una scacchiera.

Non posso vivere senza sogni nelle mani

in quello scambio termico è la vita

se vango attorno a un albero

è tutta la preghiera- nella distanza delle mani,

dal basso risalire, nasce sempre un figlio,

nell’apertura del suo ventre,

si muove appena rasoterra, ma lo slancio

abbandonato  in direzione dei tuoi occhi

gocciola ancora di fiducia

e se nell’aria Sorride quietamente

può prendere  le ali  della grazia

ricevendo un nome nuovo da Sarai,

nella notte più preziosa dell’aurora,

Sarà,  la più vicina alla sorgente,

dove accetterete di morire,

Dove il figlio vive.

Così la sera e l’acqua fanno un solo cerchio

Del mistero femminile intorno al pozzo-

come una fidanzata che diffonde

tutto e dentro il suo profumo

salendo con le lettere del pane–

che tiene nelle mani la ricerca

di un luogo certo e del momento

dove il caso

e la più preziosa delle guide

la  conduce

kouroi_2928289-sseo1961

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Coi nomi degli odori

27 lunedì Gen 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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La risacca vi ha restituito solo

qualche frammento colmo di colore:

frammenti dei fratelli, sposi dell’estate

allevata in sé come regina

del mattino

quando al sommo si aprì una fessura

dilagando nel sogno e spalancata

la carnale tentazione di cadere,

dilatò nelle pieghe delle vesti

la coscienza scura

 

Fu la notte in cui vi cadde il cielo

nella soffice buca sulla terra

Neppure l’erba alta vi ha nascosti

nelle veglie più domestiche

 

quando avete smesso di mangiare con la luce

foderato le finestre a carta nera

eravate l’uno stretto all’altro nel silenzio

e con un fremito lieve alle radici

tra il bianco e il candido

 

salivate alla gola coi nomi degli odori

frusciando nel buio della stanza quasi ciechi

come dopo un acquazzone nella foresta fitta

imparando a riconoscere la scimmia

dalle foglie con la tigre contro gli alberi

ed un nome Condiviso

 

con l’alito di vento vi ha salvato,

più che la vista, la fragranza del celeste

Ed ora, con le mani sporche di pittura

appoggiate alla spalliera di una sedia

tra la tenerezza e la paura

 

è come se da un momento all’altro voi

poteste respirare con l’odore al seno

a prender forma di mammiferi ancestrali

accendendo quella lampada sul viso

con la forza della nostalgia

 

dipingendo tra sussurri le radici

coi frammenti dei fratelli per tornare

a quel che non c’è più, salvando i piedi,

nell’odore celeste e grato di un giardino

piantato ancora dentro, prima della Storia:

è qui che sporge un’erba, è qui che canta.

Paul_Gauguin_Noa_Noa

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La luce diventa ciò che tocca

26 domenica Gen 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

≈ 7 commenti

Tag

alberi, alto, angeli, basso, cose, dentro, fuori, luce, Vapore


Le cose si conoscono l’un l’altra

In quel luogo dove Dio ebbe finito

            Il centro esatto

E quel vapore intorno agli alberi che tocco

Non è un’afflizione se non ci sono bordi,

Sono gli angeli,

Che tengono gli uni agli altri i rami,

nel prodigio di salire

Spingendo avanti le montagne per comprendere

Nel vuoto aperto un’anima,

Dove noi vediamo una chiusura,

La natura che ci parla di ritorno.

C’è voluta un’intera vita e ancora claudico

Per vedere che non c’è orizzonte,  il cielo e l’acqua

Sono lo stesso essere in alto e in basso

E la rosa di Duino non vive separata

Dal sentiero che ricopre sul muretto

Così la luce diventa ciò che tocca

Le cose gli alberi il vapore le nostre ossa

Se solo tu potessi  intravedere lo splendore

Delle rose senza bende sul tuo viso

Di come l’alto e il basso stanno sulle braccia

Si dilaterebbe il cuore farebbe grandi le tue mani

Nel toccare il dentro quando viene fuori

All’universo Aperto dove vivono

Tutte le creature, e i morti

Come  là, il reciproco sfiorarsi

di una mano in una mano,

sono privi di possesso

nell’interno indimostrabile

dove Nulla c’è che attende per la fine

Lorenzo Mullon- Mt.1500

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S’inventa sempre un sogno

25 sabato Gen 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

≈ 6 commenti

Tag

ballo, canzone, Ederlezi, lontano, luogo, Respiro, Sogno


Se balli con me – con quel poco che avevamo
s’inventa sempre un sogno –
fin dentro la terra coi capelli
allungo i piedi in cielo, disordinando l’aria
con la forza del colore che ricade

se canti una canzone, un’ederlezi,

se colmi con l’immagine e trascini

la pelle con la pelle intorno al volto

il confine è la tua mano,

è dove precipita il respiro,

all’insaputa delle labbra,

da poterlo anche tacere, tanto trema,

offrendo un sentiero nel silenzio

dell’alba che passa sopra gli occhi

di un fiore operoso dentro il bianco

 

Se il  profilo del Luogo che Siamo,

è il Lontano, tu, certo, lo ricevi

dove sono il cuore e le tue mani

con la curva che fanno gli occhi nell’Amore

quando si espandono in cieli senza limiti

s'inventa sempre un sogno

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I sospiri lungo i vicoli del legno

22 mercoledì Gen 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Con le fiaccole negli occhi tra le file   

di case e matrioske  nelle mani

della notte muovi tutto se ti fermi

senza mentire tradizioni  ed i miei fiori

con l’acqua pari a stelle nelle vene

non finiscono col noi e le radici

fanno oscillare il suolo senza fine

dove  riposeremo  in un’offerta

con gli effetti ontologici  dell’eco

riparando i lamenti delle gole

con le corde trattenute nelle mani

come un liutaio sente dei violini

i sospiri lungo i vicoli del legno

e va togliendo polvere alle cose

con l’odore del pensiero. E così sia

il Nome dell’estate in cui si taglia

il frutto sulla cima della cassia

strappando il velo dell’ottava ora:

avremo nervi nuovi e nuovo cuore

accettando di non saper più niente

senza aspettarsi nulla varcheremo

il totalmente insuperabile del senso

fino a dove le nostre mani vedono

e l’occhio può toccare uno spiraglio

accostandosi alla pietra più nascosta

sigillando questa carne nel profondo

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Sul vuoto delle braccia che mi tiene

19 domenica Gen 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Pierre Bonnard-apierre bonnard_pierre-bonnard

Una vena d’argento nel buio del risveglio

distesa come lunga tela bianca,chiusa da lenzuola,

accompagna il chiarore della casa. e tutto un sogno

mescolando nel colore, come in certe tele di Bonnard

oltre la porta di una stanza, in fila al cielo,

un’ultima stagione

più segreta, nell’ordine del vento,

l’aspettazione della sera.

Nel rito di restituzione dell’attesa: il vento viene,

dove è entrata quella luce canta di un luogo sacro-

Chiusa la porta. Tu sentissi il silenzio che mi accoglie.

E’ il silenzio dei libri, i primi davanti agli occhi.

L’urna di mammet,e le rose che profumano sotto, la pirite,

un piccolo libretto, il guscio dell’ananas, e il cestino di Sevres

con i frutti di Pennabilli. Li tocco tutti sai? Li tocco.

E’ commozione.

Spariscono i rumori delle ore, le voci del giorno

la persuasione i consigli gli aiuti le questue

le interpretazioni – Con la forza del suo corpo

per potere guardare con fermezza

il mio dolore, battezzarlo ogni mattina

a colazione, proteggendo il pane con le mani

coprendo il suo chiarore, dentro lo spiraglio

scavando una benedizione. Solo allora

posso lasciare la casa vuota

come una madre che mi aspetta

fino a sera

rientrando poi nel suo segreto,

una voce sottile e silenziosa,

dove il tempo è solo spazio

sul vuoto delle braccia che mi tiene.

Pierre Bonnard-dining-room-on-the-garden

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Poggiando le nostre bocche a Dio

17 venerdì Gen 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

≈ 2 commenti

Tag

Bacio, Ruah


Altre sere verranno  così intatte
sotto i portici rossi  di Bologna
a sollevare il vento la sua voce,
nei giardinetti  delle  lunghe ore
col suono  umano che va verso di te,
trasfigurando nella carne più divina
il desiderio che circoncide  l’incoscienza
per la luce di sentirlo ancora qui.

La sparizione delle pelli,
nel pensiero eretto a piedi nudi,
dentro il bosco, è dove lei ti canta ancora,
con i semi della neve che non vuoi
chiudendo gli occhi  e un segreto sulle mani
-prima che  riaccadano altri sogni- :
“Spingeremo come simurgh primordiali
le nostre upupe tendendoci  le ali
tra  l’onda e il mio corpuscolo di scaglie
la particella viva  nelle vene,
la nostalgia  del Mirabile  Ruah“

Con quale pioggia ci si mostra  il desiderio
sul prepuzio del respiro e dentro gli occhi
col vapore che si stacca,
dall’acqua  di una ciotola di riso
sopra il fuoco, e  solo insieme – mi rispondi –
il dialogo scolpisce, queste anime di notte,
con un filo tacito e scarlatto
con i nodi , e con le pance del riconoscimento
appesi come un segno alla finestra
di una prostituta nella luna
per entrare nella città di Gerico
col potere irresistibile di un bacio–

Intuendo come un altro corpo
potrebbe entrare in loro nel morire
a quello e in altro sangue, un altro cuore intatto
a ognuno  tra le dita sembra alzarsi,
con una sola musica promessa,
un’alleanza d’eros così sacro
da riportare  il sesso al verbo e
la meraviglia degli amanti
nella  sua PrimaVera trasparenza

 

Lasciandosi sgorgare in altra luce,
col sole nella testa e con l’anello al dito,
invertiremo il corso al Gange
prolungando  in sé  l’ amore
al centro di un cuore più sottile,
per mutare nella somiglianza ( ultima)
la saliva celeste senza suono
e  renderne il respiro con un bacio
poggiando le nostre bocche  a Dio

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Ponendo uno spirito lene

15 mercoledì Gen 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

≈ 2 commenti


Mutano nella luce le nostre ombre

Di pelle in pelle, alla fine delle pietre,

L’ultima sarà la Tua.  E non voltarti indietro

Per  questi occhi di carne

-finirà la visione

nella sconfitta dei sensi-

 

Con un soffio, passami accanto la sera,

Ponendo uno spirito lene,

Come dentro ad un sole

Sàlvati il viso. Discendi  sul fondo

Ad aprire le strade delle cose sparite

Tracciando solchi dorati

Terrò a mente, nello sguardo escluso,

Come afferri  qui  ciascuna  rosa

Tanto profonda  e irrevocabile

Tu sappi dell’immagine

Oltre tutto ciò

Che su di lei si chiude

 

flora-31

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Il canto nel ventre di mia madre

12 domenica Gen 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Come la testa di un bambino

che oscilla nel ventre della madre

per mettere le mani  nella luce

così  ti faccio nascere

per giungere nell’asse della vita

dove le contrazioni sono scale

e una dopo l’altra nell’evento

scolpendo le mie vertebre sui pioli,

si rompono le acque  come un vaso

nelle profondità dell’incompiuto

C’è un’emozione tenera ad Oriente,

dove non si grida. Un’aurora senza sole

si custodisce e vive,

nel tempo della sua composizione,

fino a volgere il viso alla sorgente

cambiando le pietre con il pane

quando torna in sogno. Avviene al caldo

E’ uno speciale sovvenire. Non ritrarti

con le mani, non coprirti gli occhi di paura-

mi ripeto- per generare un fiore

anche il ramo di una quercia sola

parrà giardino intorno alla sorgente

per zampolare il burro e lavare i panni

badando a partorire ancora Leila e Majnun.

 

E’ troppo poco, nell’erba viva

neppure un giorno che sale dalla terra senza te,

e per riempirsi il cielo

sale sul foglio un alfabeto

che pulsa nelle pieghe della mano e in altre forme

china sui fiori la sua lezione di luce

portando sulle labbra la prima comunione

di piccole cose, le sue mani  fanno chiesa

sul capo  ai miei domani – dici

non hai niente da darmi-  È poca cosa forse

il suono e un bosco con i piedi carichi di seta?

 

C’è una retta ideale che congiunge

una coppa immaginaria, tra l’ombelico e il pube,

vestita di maestà, e  annodata sulle reni

con la forza della sua fragilità,

filtrando l’aria come fa l’orecchio

nell’ascolto della terra, come Dio,

lo sa, che fioriscono sogni nei capelli,

scambiando l’acqua con il sangue

da un solstizio all’altro. Dal Vuoto perfetto

nella  totale attrazione è la bellezza

che ritma ogni vita contemplando

l’ombelico nel luogo più immutabile

e sorgente di ogni movimento. E’ là,

fino al soffio dell’ultima sua terra,

nell’estremo orgasmo della Morte,

che oscilla ancora,

in un ritmo binario primordiale,

il Canto nel ventre di mia madre.

Col dolore posso sedermi ora, e stare sola

con la gioia, alla bellezza della tua presenza,

lunghe ore dondolando  per uscire

come la testa di un bambino nella luce-

e qualcosa di più grande si fa mondo-

va e viene. calma

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Pensieri Scritti - l'essenza - io esisto

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cipriano gentilino

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"Leggere è sognare per mano altrui. /Leer es soñar de la mano del otro " Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine- Libro del desasosiego

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Luca Parenti, poeta a tratti. La poesia non è un museo delle cere e non è un pranzo di gala.

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ℓα ροєѕια ροяτα ℓοиταиο - ροєτяγ gοєѕ Ꮠαя αωαγ 🇮🇹

ตαɾcօ ѵαssҽllí's ճlօց բɾօต 2⃣0⃣0⃣6⃣ – թօաҽɾҽժ ճվ sαճíղα , lմժօѵícα cαɾαตís , αlҽxís ցհíժօղí , αղղα ցմαɾɾαíα, lαմɾα բօɾցíα, cαɾlօ ցօɾí, ցíմsվ ճɾҽscíαղíղí♥ Quattordicesimo anno ♥     

Debrecen chiama Italia

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GRETA CIPRIANI

Pianist, Poet, Composer

Seidicente

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Amore è uno sguardo dentro un altro sguardo che non riesce più a mentire

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“Erano vivi e combattevano per i loro ideali, decisero di smettere di arrendersi per vivere in pace, fu così che iniziarono a morire poco alla volta”, di Pier Carlo Lava

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Giovanni dichter Di Rubba

Blog "https://selendichter.wordpress.com/", autore del blog dottor Giovanni Di Rubba. Gli scritti, in lirica ed in prosa, presenti in questo blog sono opera dell'autore del blog, dottor Giovanni Di Rubba, e di sua proprietà.

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Viola, 24 anni, studentessa, incosciente, innocente. Bovarista deleteria. Racconto di me, chi sono, cosa penso, sbaglio e rattoppo!

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2015 A.D. - Di Ombre e Catarsi non si sopravvive. Ma nemmeno di Lucciole e Percocet. Scrivo cose random per hobby.

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I sogni sono tutto quello che ho, e per realizzarli devi credere che tutto sia possibile. Perchè l'impossibile è possibile.

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Nella vita non si finisce mai di apprendere

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quaderno elettronico di critica letteraria a cura di Francesco Sasso e Giuseppe Panella (2008-2019)

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