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amore, Ararat, arco nella nube, cinabro, Eterno, frutti, immagini, luce, Mosè, scintilla, splendore, vertebre
L’ascolto si distingue dalla voce
nel tracciato primitivo che disegna
un uomo piccolo, che tende i suoi polmoni,
staccandosi dal cielo con un soffio
il verbo dentro il fuoco e tutto il sesso
giù nell’acqua dentro i campi di cinabro
ricercando l’immortalità. Mi hai scosso la matrice,
gli irrisolti umani al mondo dell’Avere ,
nelle dieci contrazioni di Mosè,
per vivere la Pasqua nel possesso
della terra, ho combattuto l’illusione
con Teseo tutta la notte
mentre mi tiravi per il corpo dalla vita
nell’anarchia del basso della acque.
Nel diluvio partorendo solo figlie
come ricordare della sposa,
il vuoto nella carne-
non un buco primordiale della terra-
nel suo centro, luogo Ultimo d’Unione?
Dovevi penetrarmi
prendermi nell’arca la coscienza,
per sentire la tua voce
e il peso delle altezze, nel diluvio
restare ancora al caldo, come un lievito disteso
con bellezza. Ora legami all’estate
degli uccelli, che vanno e vengono
misurando il livello delle acque,
dentro il tempo. Mi farò animale
a nuova terra, asciugando fuori
a poco a poco, neanche il corvo tornerà.
C’è così tanto giorno da godere ancora,
quando mi chiami per il Nome Libertà,
inebriati e nudi del possesso- mio Ararat
quante volte la salita antica
senza giungere alla cima dell’interno !-
seguendo l’arco nella nube della schiena
ci siamo visti lungo il ponte con le pietre
nelle mani come frutti queste vertebre
Ti ricordi la scintilla ? dalla Grande Sera
al Domani che ci canta
nel compimento della Croce
fu splendore
della luce che s’invia ad Altra luce
nominandola nel volto dell’Amore
abitando le sue immagini in eterno