Basta un nulla per vivere, aman,
barche leggere.
Tu camminavi assorbendo la luce,
doppia, solitaria,
in minuscoli astucci di vaio
legati al capo e alle mani-
culle di fiori, ho creduto,
tĕfillīn per le preghiere,
più tardi- אָמָן,
mangiando chicchi alla morte
come si guarda un bambino.
Per quel poco
impiegavi tutti i tuoi fili
sospesi nel vuoto-
le migliaia di ossa, i resti dei pasti,
i pezzi sottili d’avorio
imbevuti della sostanza segreta,
le molte aperture-finestre
e le volute, ogni Voluta,
da appoggiare nell’aria .
Sapevano andare, sebbene ciechi,
con labbra dolci nel piccolo circolo
dove un colore più intenso
reggeva altri mondi in scintille;
li ho visti adagiarsi e volare,
sul silenzio della tua festa,
nella parte cava della follia,
verso il grande amante sole..
Sapevi che avrei annotato figure?
assegnando un posto a ciascuna,
col valore musicale di una nota
insieme tutte si sono voltate
con la grazia leggera di un canto.
Affondavano lente,
per piccole vertigini,
in un profondo inchino.
Sono venuta qui, a danzare, alla pieve del pino, oggi che il vento è così forte