S’innalza si libra
poi svanisce
a mani giunte in ginocchio
Ha qualcosa di così delicato in volto
un sapere un amore
nelle pieghe del corpo
una luce che brilla. a pensarlo
vola via da ogni singolo sogno
un’onda gravida in dono
sopravvivendo alla sua stessa morte
coi capelli impigliata nei rami
nulla vale a legarli o distanza
necessaria al destino- nell’eco
che ancora li volge, implacabile
è un filo di canto alla gola
la Sua poesia
un cuore grosso di gioia,
come quando salta i fossi da sola
senz’altro sapere alla sponda.
hai soffiato dentro l’albero un respiro
della vita il suono consonantico
impronunciabile – ai margini del chiaro
riusciremo forse– Nel notturno dell’ascolto
ti conoscevo appena, i miei occhi ora
ti Vedono donna
e una voce più sottile
è l’affondo nel buio del terreno
che si leva in stelo, è quel bambino
dal ramo che fiorisce sopra il seno
mentre un vento conduce via la sposa
dall’altra parte della neve sulle spalle
giudando le sue mani nelle stanze,
nelle stanze bianche di silenzio,
svanendo infine nel momento
del suo più intenso splendore.

Giovanni Segantini – Le cattive madri – (1894)
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