Saremmo morte senza l’ombra del dolore che ci ha messo sulle spalle le montagne, che ha condotto dalle celle della vista ai monti benedetti le ossa cave.
La strada danza nel piccolo salterio del fiume di portata e la sua voce va nel respiro quieto di un bambino quando dorme nella stanza accanto;
ripentendo siamo salvi al posto giusto siamo mondi ancora, insieme siamo casa di una giumella semplice che attende il silenzio e sacro vuoto del Natale.
Sei caduta ancora. E non eri sola. Chi guarda solamente è più pericoloso di chi fa male ad altre vite sulla soglia.
Chiamalo violenza il suo silenzio E le sue mani troppo grandi per linguaggio.
Quando prende il tuo vapore dalla bocca come fossero le labbra di Claudel- E ti fa dire che eri sola e sei caduta dalla sedia, dalla tromba delle scale.
Ha il seme del ricordo la parola “maschio” in lingua ebraica; ricordare della parte femminile, il buco madre che ci fonda madrenostra da sposare.
Ricorda E che “sel’a “ non è la costola, ma il lato, l’altro lato della luce, che ci è data, una tenebra infinita capace di brillare se compiuta
posando bocca a bocca i nostri cieli.
Non morire al niente E se il perdono fa salva la tua vita, la verità le annuncia tutte con un soffio.
Lo splendore del grano al tramonto
disegna nell’aria il ricordo
dei pesci che mutano in fiore.
Era a questo che andava il tuo viaggio,
coi bambini sopra le spalle,
aderenti, in cadenza, ai tuoi piedi.
Per quelle gocce dorate piangevi,
più che parlare, svelando
un sorriso con gli occhi di fame;
una fame originale
di chi mangia ogni cosa con gloria
sia pure una crosta di pane.
Non potendo pregare, pregavi
bisbigliando dei gesti sui fiori,
e se usciva una rosa più chiara
sembrava l’avessi riavuta
quale erede di lunghi silenzi –
come una sorgente che ignora
il proprio destino scendendo,
ma il continuo scorrere scava
riempiendo ogni vuoto di luce.
Ti credo in profondo una sposa
da sempre presso il suo sposo,
nell’unica forma, l’unione,
e disposto a questo soltanto,
senza aggiungersi mai.
Al grido di un’uccella m’inginocchio
in fondo al campo, dietro al mirto,
povera come non sono stata mai,
senza nome. Tu, dall’altra parte,
mi vieni incontro, uguale-
la nughedda fra le mani
e un dolore comune-
al movimento delle rose
sulla porta di casa:
una curva, la pianta, il suo fiore
nell’aria. Siamo raccolti
in questa stella
in un albero
che si spalanca al cielo,
a un’onda, che sorge,
prende la luce,
e riaffonda nel mare,
al silenzio.
Saliva celeste in ogni suo verso,
come su un ramo che vuole sbocciare,
nel mare purpureo di questo ricordo una stanza speciale, chiamata silenzio,
che dava le spalle al fascio di luce-
entrava chiunque, uno alla volta,
chi aveva bisogno prendeva del cibo
allungando la vita di un seme dormiente
poco lontano, appena discosta
una donna minuscola come un respiro
sfilava dal sesso del proprio compagno
il filo invisibile di una promessa- saliva celeste, posandola piano,
"Mi manca il riposo, la dolce spensieratezza che fa della vita uno specchio dove tutti gli oggetti si dipingono un istante e sul quale tutto scivola." Alfred De Musset
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When the green woods laugh with the voice of joy, And the dimpling stream runs laughing by; When the air does laugh with our merry wit, And the green hill laughs with the noise of it.
La cosa importante è di non smettere mai di interrogarsi. La curiosità esiste per ragioni proprie. Non si può fare a meno di provare riverenza quando si osservano i misteri dell'eternità, della vita, la meravigliosa struttura della realtà. Basta cercare ogni giorno di capire un po' il mistero. Non perdere mai una sacra curiosità. ( Albert Einstein )
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