Tag
Claudia, credo, mano, riposo, sottomondo
La vedi nascere, col temporale
venuto ancor prima dell’acqua,
sprofondata nel grano del suo sottomondo-
le caviglie le orecchie i suoi reni
a misura di coppa nell’hara-
e quell’attitudine a stare
col tascapane sui fianchi,
per qualcosa da dire al ritorno
sulla mano che attende. E ripete
che mano in ebraico ha la lettera yod’
che si fonde nel cinque e nel verbo conosco
vuole anche dire “ mi ami” –
se aggiungi una ayin si aprono gli occhi
e la cantilena spicca la scorza
finché lo spiraglio diviene sorgente.
Poi ricomincia.
Se non si ripetesse la parola sparirebbe?
Lei crede.
Eppure tutto si fonde e scompare in un verso-
i piedi che ridono nel saltimbraccio,
il mestolo e l’acqua, il capriolo su in cima-
gettando sul mondo un mantello di neve.
Ma è entrato qualcuno, portando le fragole
qualcosa continua a donare il rossore,
e non se ne va. Quella mano,
che sembra ritrarsi dalla farina,
sei tu. Il principio del volo
o l’inizio di una caduta-
un alleluia a volte un sussurro-
che porta nel nome. Lo sentono tutti.
Non la sente nessuno.
La traccia che resta dello svanire
è la prima radice della tua rosa-
fulgida e buia- Chi è quel che crede,
crede davvero : nella preghiera
che addormenta le piaghe,
per dare riposo al suo vero.