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amina narimi

~ ..con la fragilità che io immagino degli angeli quando spostano tra i fiori un buio d'aria

amina narimi

Archivi tag: mani

Nella grande caduta del giorno

15 mercoledì Set 2021

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

Azzurra, mani, plumbago, veglia


Nella grande caduta del giorno
col dorso della mano con le guance
fra il timo l’edera e la terra
scoprivi il soffio d’aria di una grotta
sul viso, come una novizia
che prende i voti nella stanza bianca.

I fiori della tua plumbago
ora sono delle piccole Marie
e la parola mantiene la promessa;
chiama col tuo nome
ciò che esiste per sempre –
nel miracolo del tiepido sentirti

mentre riempio la ciotola di Azzurra
c’è la tua attenzione
la veglia che si ripete
all’ombra delle nostre mani.

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Dove i nomi hanno mesi bellissimi

13 venerdì Gen 2017

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

alberi, ali, bambino, isole, mani, radici, via lattea


 

Una strada sottile
quanta calma nel petto che rischiara
dove i nomi hanno mesi bellissimi,
che crescono seguendo la via lattea

tra le ali e gli alberi dell’anima.
Sono petali bagnati di visione,
con la parola aperta delle cime,
dove dentro vi corre quel bambino,
la sua mano aperta, con la rosa,
le sue gambe, che spingono nell’aria
lo scatto del respiro, nel salire,
in cerca dell’uscita, tra le cose.

E non dura più di un lampo
nel morire
la tragedia della giovane paura,
tra il bosco ed il suo viso.
Poi la musica soltanto, la più viva,
a quell’ora lo incorona, e va alla gioia,
oltre i margini segnati, in un istante
toccando, col duro della terra,
il ricongiungersi al fantastico dei passi.
Col moto delle lucciole sui piedi,

è un viaggio che mi porti,
in un gesto, trattenuto, come sacro,
qualcosa tra le mani, che si bagna,
di ritorno, con la tua saliva lenta,
per toccare, dove non si vede,
il polso quieto di ciò che sta sul fondo-

nel ruotare delle ossa, con la forza
che annida tutto un cielo dentro al seno,
dove cresce la tua pianta. Come mondo
mi hai offerto un largo d’aria,
nel buio lucido e ospitale dove noi
è veramente nostra sposa,
ora che sa come cadere
ai piedi del suo piccolo padrone,
nel profondo bambino, dove andiamo
ripetendo, ad occhi chiusi, sono insieme.

Viene incontro, in cerchi che si allargano
per radici silenziose, come calda,
la nostra mano, nell’intimo,
cercata,
tremolante di luce ci rivela
bagnati di terra, a lungo, e da vicino,
con le braccia larghe di un mare benedetto,
di essere ricevuti, come isole.

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Nella giunzione irriverente della mani

15 domenica Giu 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

amore, creta, diga, giunzione, lamento, mani, occhi, rosa, seno


L’immersione nell’anima di uno sconosciuto
infilando il dito nel buco della diga,
perché non mi travolgesse la sua favola,
poi viverci accanto e sognare
-eri meno di un sogno, di là,
perché ti sentivo arrivare
figlio del mondo e madre perenne
dai lombi sacri, le ginocchia svelte.-

 
con la polvere negli occhi dell’infanzia
mutando le parole con la pelle
nella meraviglia che dischiude un sesso
come l’alba, imparando l’abbandono
col tramonto e un fascio di capelli
lasciati lì a durare
nello sguardo altrui chissà in che modo
nella perfezione muta del nostro nulla

ogni giorno accade il “ sì” dolcissimo
– e sale dalle pagine dentro la tua vita,
superando l’esistenza di un Dio instabile-
con le gambe nude, ovunque lei si trovi,

nell’acqua,
per catturare ciò che in ultimo ci copre,
nella giunzione irriverente delle mani
col seno sta giocando coi tocchi della luce
come fosse creta / sotto i tuoi occhi
come un’altra pelle, indifferente alle regole
fitte di parole incomprensibili,
tra le arance d’oro. Piena d’acqua

 

della nostalgia
sta cantando nell’occhio della rosa –
piantata davanti alla finestra,
guarda e si raccoglie nella vasca
col vivissimo amore che discende
nel punto più tenero del grembo
sotto la spinta del suo crescere
tra i cespi di more- così lucente,
nelle mani di chi ama,
persino il suo lamento
viene, all’ultimo

nella luce dritta la Tua voce

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Nella quiete vasta delle mani

23 mercoledì Apr 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

acqua, antenati, Cammino, luna, mani, preghiera, quiete, sera, tana, uccelli


Affonda dentro ogni volta le mani,

a toccare  l’odore che bagna la pelle,

col cuore in sussulto, d’inchiostro

che morde in un verso, e si arrende,

poco prima dell’alba,

quando una linea divide

il resto dal cielo

 

annuso nell’aria come una bestia,

seguendo la cerva fino alla tana,

per ricordare la gioia

come sia iniziata  a venire

in tutto piena a dare sapore,

a farsi di luce, dentro un grande silenzio,

il breve respiro, il primo passo per terra

nei fili di giovane erba

 

così mi appare il suo volto

quando l’amore si è fatto

già un albero alto,

non solo una greppia- aveva l’età

della vita, vibrante nell’aria

e radici fin dentro nel cielo,

dove l’acqua nasce di spinta

dal dolore dei sassi. Tutto canta

sui lembi di una stessa ferita

 

nella marcia misteriosa di una goccia

che scende con la sera nella gola

dei cervi.  È un lamento da seguire,

respirando dai talloni

l’urina luminosa sulle foglie,

per la femmina lontana, all’alba-

 

per  la stessa sete noi

attraversiamo il cielo,

seguendo gli antenati,

col filo di una musica che dopo

sará il vuoto e la fantastica bellezza

del sangue scintillante sulle foglie,

bianche. nei giardini della mente

 

un cammino interiore,  le tue mani-

un ciclo d’acqua, di bestie ,

in un ultimo slancio,

lungo il sogno dei mangiatori di loto

in cerca di parole e creature

-nella casa della sera

come uccelli sacri,

quando tornano al nido

con germogli e semi,

luminosi di fibra, di preghiera,

cui m’affido…senza temere

l’impronta  che mi sfiora al buio

 

 è nella tua lingua che mi curo,

che metto in bocca  il suono delle dita

e con gli stessi occhi trasparenti

ci bagniamo le ginocchia,

piegate insieme nella notte,

aprendo un frutto al seno

lo splendore del racconto

dove il Tuo fluire è cielo

che avanza tra gli alberi e invoca,

con il corpo di una goccia sola,

piena di canti, e folta del bosco,

la luna,

nella quiete vasta delle nostre  mani.

cantico-dei-cantici-marc-chagall-1-300x255

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Nello spazio di carità del nostro vaso

09 mercoledì Apr 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

≈ 2 commenti

Tag

ascolto, luce, mani, memorie, rosa


Ascolto, dentro il vaso di cristallo,
le cose che non conosco, la radice
e il cielo tra le mani:
i suoi passi lungo i vicoli di Praga.

E un taglio netto si apre sul leggio,
la ferita del bordo screpolato,
è la cicatrice che portava sul tallone
per quella distrazione della rosa,
mentre i vetri scivolavano per terra,
e i gesti lenti della fasciatura, poi,
serene confidenze del regalo

con gli occhi chini nell’anima del vaso
ho la tua parola e quel foulard
che si slega, e che si apre
al viaggio della sete,
che si ciba di memorie
per unire il tuo tessuto al canto

ma la parola ha lacrime stasera
che tintinnano sulle ossa di cristallo,
e gocce d’oro, dove finiscono i rumori,
poco a poco, tenere di pioggia.

Lo so. Sei qui. Nel cerchio della vista,
soffiando al tempo come puoi:
siamo ancora scalze per le strade,
nella roccia cava di quel cielo, e brilla,
tra i tuoi capelli neri, come una corona,
anche il dolore, ridotto, infine, nell’ascolto,
penetrando nella pelle a lavorare-

 

la sua energia è un taglio sopra il cuore,
trasformazione sulla carne in luce
tra le mie mani tese e la tua offerta,
siamo confuse col nocciolo divino-
nello spazio di carità del Nostro vaso

c’è un mistero grande, al centro della rosa,
un manto umido, messo da parte, come sacro

dolden III

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Il Vapore di Abele..

25 lunedì Nov 2013

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

Abele, asili, Camille Claudel, educazione, Elem, Forza, Linguaggio, mani, silenzio, Vapore, viaggio, Violenza, voce


Un tempo dell’attenzione, della conta

un tempo, dei pensieri, uno spostamento

dell’azione- meno di dolore più

di forza-  la parola di _amante fidanzata compagna moglie

Lingua che non violenti quanto la violenza

Chi guarda solo

è più pericoloso di chi fa male

-immaginare altre vite: che non allevino  califfi

di Senofonte:  la soglia di casa separa l’uomo

che guarda al di fuori da cittadino, dalla donna

che guarda solo dentro e dirige casa-duemila anni fa-

Camille Claudel

 

Dov’è il Nonno autorevole? E non tu, padre coetaneo?

 

Metti gli occhi nei cortili degli asili

tra girotondi e scivoli tra bambine

con bambine- non si mescolano i maschi

con le femmine, le due metà del Mondo

delle camerette di attrezzi  colorati, mostri

e mezzi di trasporto, mica peluches e bambolette

I calciatori sono maschi, femmine le ballerine

meno forti e preziose, riproduttive certo- bisognose

di protezione-  Nei cortili degli asili è l’ombelico

Di PariPasso, se impariamo a mettere

la ruota della bicicletta sopra un albero

Questo è il viaggio:

“Chiamala violenza non amore”

Uno due tre quattro mani insieme

Proviamo a cambiare racconto:

che la violenza è fragilità,  non donna

alimùt è violenza,  elem il silenzio

dell’Uomo  che usa le mani

per linguaggio– s’appropria del Tuo

vapore, della bocca di Abele.

Delle mani di Camille Claudel

interrogarsi è un acceleratore

“Sì ero sola in casa. Sì confermo di essere stata

sola  in casa, di essere solo caduta dalla sedia…”

Camille Claudel-

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Affidarsi

30 lunedì Set 2013

Posted by Amina Narimi in Poesia

≈ 4 commenti

Tag

Affidarsi, Attesa, Carne, gabbiere, guado, mani, metà, nudi-protetti, sabbia, vento, volto


Tra giganti e ostinati pescatori
l’enormità quasi innaturale
nel mare dell’ombra che ci sfida
al grasso d’olio agli spermaceti
fino alle ossa, all’ambra grigia:
la resistenza muta non ci salverà

Tutto scorre ma non passa

-come rondini finite in una stanza

picchiando la testa contro il muro-

pena l’ottuso atto di fiducia

del gabbiere

in assenza di vento

che dagli alberi sale i pennoni

quello che sa più di tutti dov’è

che il mare finisce e comincia

tra mistero e confine la terra

a métà del guado, dal nulla

(come) un fiume a Prati di Drava,

si fa attesa più certa . tensione

fondata

la mano instancabile che tocca i malati

di sabbia

plasmando un volto di carne.  nel volto

affidarsi

                         nella seconda innocenza

al distacco – come punto d’arrivo

il “non Volere”-

Battendo cortecce di gelsi nell’acqua

fino alla pasta morbida e mite

-questa. e l’unica lacrima insieme-

ad asciugare sopra un telaio

pochi metri più in alto la luce

dove hai riposto le rose

inattaccabili. ma

quando mi sveglio dentro ai sogni

alle pareti fisso col respiro

mutissimi sapienti e oggetti interni:

colorano in amplessi le figure

con uno sguardo prima che dileguino

si stende sopra il ventre quel disegno:

di chi  s’è messo a nudo

                                     per essere

protetto 

È  da lì che muovono le Cose

elementari

-disegno scuole elementari-

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Dal fango come a Djennè

11 mercoledì Set 2013

Posted by Amina Narimi in Poesia

≈ 3 commenti

Tag

albero, bambini, Bauci, canto, Carne, commozione, condivisione, Fango, Filemone, fratelli, legante, mani, mantenimento, mattone, persuasione, rami, soglia, tempio, unione


L’altro versante non si addormenta

dove risiede l’Altro schieramento

il suono feroce degli occhi chiari

.l’ottava bassa che ritorna.

nel reciproco pensiero umani

ciò che resta di loro :

sa come aprirsi nell’inferno

il Canto degli Angeli

 

viene da lì il corpo

che entra ogni notte. insieme

si rifà

dal primo abbraccio la carne

cresce come una farfalla nel fiume

dei Fiumi

per ricominciare dal fango, come a Djennè

con falde di terra cruda bagnata

come un mattone come legante e fasci

dei nostri rami curvi di quercia, dei tigli

a tenere la dilatazione che piove

che dilava ogni notte

che erode la grande Moschea

protetta dalle sue mura, dal delta del Niger-

 

giocandoci dentro possiamo

impastando con l’acqua, e Noi

rimescolare l’argilla in continuo_

                                               _bambini

preparando le scale di legno alle mani

grandi che stendono il nuovo

strato di pelle concreta e fragile assieme,

come la Casa di Ise in Giappone, sacra.

Fino al desiderio di Filemone e Bauci

Ci alzeremo in piedi come le spighe,

nel giorno del fidanzamento, dorati

per l’unione delle forze. nelle anime

uniti per il tronco. Fratelli

sulla soglia del tempioVecchio

commossi

come un Canto di Natale.

AFRICA_MALI_LA_MOSCHEA_DI_DJENNE_P1010202_2_

 

 

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Unendo i fiori che cogliemmo

10 mercoledì Lug 2013

Posted by Amina Narimi in Poesia

≈ 1 Commento

Tag

bere, canto, fianchi, fiori, mani, oscuro, radici, sangue, segno, unione


Ha un petto grande il canto

che più duole

per quanto bagni i piedi nell’oscuro

delle mani portano fiori nei bicchieri

e molte, mille rondini sui fianchi

raggiungono le cose – alle radici

Non un solo ramo è inutile.

Lì, dove i fiori parlano : la vedo.

Mi sta di fronte

al centro della sera

come un segno con la felicità

spezzata nel calore come pane

si alza e sale nelle braccia

una ghirlanda

dalla pietra che sostenne il piede

all’ombra

di chi traduce un angelo

nelle viscere stesse

della terra

dei lamenti puri

non avrò più paura

del paesaggio muto

che si sporge

nella risacca del respiro

dove è fatica bere

l’esercizio del silenzio

mi indica in preghiera

la parte che mancava

–se tuo era il sangue–

unendo i fiori

che cogliemmo

dall’alto. Fino a qui.

10 agosto 784

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