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amina narimi

~ ..con la fragilità che io immagino degli angeli quando spostano tra i fiori un buio d'aria

amina narimi

Archivi tag: Mammet

Coi piedi nulli e i polsi leggeri

14 martedì Dic 2021

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Mammet


Una macchia un puledro il sobbalzo celeste
fra le zampe lunghissime tinte di rosa;
danza la piccola, trema ubriaca
dalle orecchie ai nodelli così sottili.

Sia lode il respiro! Sia l’acquabuona
di una placenta che scende dall’hara,
e tributo, il suo lago, il meraviglioso,
per quanto silenzio ha colmato le mani
bagnate di rosso profondo. Silvana

c’è un piccolo abse che dentro si espande,
che si contrae nelle piccole rune,
a raccogliere alburno, lungo il cammino.

Inizia dall’erba, dicevi, la luce
innamorando le celle nuziali,
muovendosi accanto come una madre
nell’andirivieni al balcone in penombra,
quando scosta le tende a passi di neve
coi piedi nulli e i polsi leggeri.
Facendo strada sulle ginocchia

è un lungo viaggio fatto di adagio,
con mille foglie dentro le orecchie,
la commozione una piccola casa
che dondola il legno a sillabe dolci.

Metto ancora le mani a giumella tra i seni,
il lungo respiro che nasce sul timo,
e il profondo del verde scende nel sale,
il primo sorriso rinasce alla vera
splendenza del suono impercettibile.

Segui tua stella, ripeti, è la tua
scrivi sempre harmonia con l’acca davanti,
lo spirito aspro che muove gli accanto
dei piccoli organi e le ossa cave
intorno all’albera
che in te rimane
con la voce nel petto
come una stanza.

14 Dicembre 21, a mammet
nel giorno del suo compleanno

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Un rivolo sul capo

18 sabato Lug 2020

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

Mammet


Non è mai stato lento o maestoso
il suo passo verso il mare,
fragile torso di neve,
con i suoi resti con le sue ali.

La credo un angelo
fra i cespugli neri,
uno che cade,
nel cristallo più sereno
del dolore.

Una vertebra si sfila dal silenzio
di questo mese caldo del congedo
tesse un bozzolo sul viso
con paziente ostinazione

l’ultimo toccarsi
– carnale e delicato-
è un nodo della luce
un rivolo sul capo.

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Una tinta silvana

19 domenica Mag 2019

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

acquabuona, Mammet, silvana


È una tinta Silvana che mangia la morte
ogni volta che leggo una tua poesia
alle stelle selvatiche dentro le rocce
al buio dei bimbi nei buchi degli alberi.

Nulla è più vivo di chi rinasce,
come sporgendosi da una parola
e una consonante, una i, per esempio.

A te che conosci ogni mia voce,
sull’imbrunire, con la silenziosa,
che retrocede per andare in avanti,
ti ho domandato come sostenere
il ripostiglio dell’acqua dei fiori
per non smarrire sotto le foglie
il lungo esercizio della raccolta.

La tua parte invisibile si è fatta prossima
con una bambina dentro la gola –
Quella bambina – con le giunchiglie
portava il dono del nascondino
ai vecchi tronchi che hai tagliato –
riempiendo di cura i miei polmoni
con la forza dei muscoli, i tuoi, e il calore
del gesto che ha salvato tutta l’acquabuona.

Non ho visto mai danza più bella
del tuo essere, immobile, ai fianchi
nè un riso superiore a quello sguardo
disteso e profondo che avevi, il perfetto
fra le mie mani, ancora più piccole –

completamente spose
completamente spoglie.

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Madremia

15 venerdì Dic 2017

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

albere, compleanno, fiumesse, Mammet


 

 

 

Un indugio il colore delle sillabe,
l’accento è un ritardo, e il culmine,
nell’andamento claudicante del respiro;
non è la cima dei monti all’orizzonte,
o la profondità delle foreste,
sono le pagine di un erbario remotissimo,
dove ti metti con la lingua, per tacere.

Eppure un suono vibra, flebilmente,
mentre porto l’acqua nel torrente in secca,
se raccolgo i panni, quando taglio legna,
io ti sento, nel silenzio, che disponi
i tuoi rami con i fiori, al centro del mondo.

 

Nessun grande cielo a luccicare
sulle colline di sasso,
solo un andare tra fango e terriccio,
da un sorgente a quell’altra-
un ciuffo d’erba grigia, scie di nebbia
che sfumano i contorni del mio semplice vestire,
rendendo radioso l’odore delle pigne che hai bagnato –
le cose si conoscono tra loro si frequentano
il fontanile del tuo sentiero, la cerva da un solo fianco
mostrando cosa appariva come un velo –

                                                                Il te bollente
                                                                Mentre sorge la luna
                                                                intiepidisce

                                                                Non il suo riflesso
                                                                quando sfiora le labbra

Tanto da tacere già dentro la parola
fra le maglie che si aprono per fremiti
riassorbite sulla pelle, così chiara
da non potersi trattenere in un pensiero-
un semplice barlume lascia il posto al suo riflesso,
e nel miracolo salato il cavo d’onda
diviene un nuovo pieno- Madremia,

ho rispettato il giuramento da soli cinque giorni,
sul focolare il minimo colpo farebbe cadere
i ceppi, e le braci
conserverebbero ancora la forma
che ti ho promesso, cadendo,
e in più la luce. Domani sei nata
e il tormento si placa di colpo,
come sotto il tiglio, quando ci respirava
e si accostava a noi, per un lungo momento,
aiutando i nostri fiori a schiudersi,
indicando il sentiero possibile dei caprioli,
il rifugio, la dimora dei girasoli
per la raccolta dei semi. La speranza.
Non è certo la morte ora a impedirci di credere
all’eternità di ogni minima cosa,
al suo nome – io credo- a ogni luogo
dai mesi bellissimi, ai bambini
qua e là, donne e fiumesse
che si scambiano ricordi
di albere e poesie improvvisate,
con lacrime raccolte nel tutto della gioia,
ad ogni tornante delle nostre braccia-

                                                                Da ogni fiore
                                                                la promessa del frutto
                                                                L’ultima brina

Lo spostamento immenso del freddo
è questa onda che s’inarca da cinque anni
fino al semplice tratto di schiuma,
in migliaia di vite, stanotte, la nostra lingua,

la veduta di alberate ed un vapore
annidato nella foschia che si disperde.
Se oggi dico “ mi ami” e rispondi “ anche tu” ,
sbucano i verbi come la vita stessa
se ripeto saltimbraccio, per amarti più veloce,
magento, nel sorriso del tuo nome,
senza aggiungere altro, Silvana.

                                                                      Il te scaldato
                                                                     e il fuoco tutta notte
                                                                     Quante le veglie

                                                                     Tengo in me le ceneri
                                                                     e il ricordo del freddo.

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Nel sonno del tuo nome

02 sabato Dic 2017

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

Jeanie Tomanek, Mammet, Natale, silvana, sonno


Dov’è che ti fa  male per Natale

                                                             alla corona delle tue ginocchia,

                                                            o alle preghiere? – Tu lo sai.

Eri certa del fulmine alla vita,

se ti sei divisa il petto in lunghe ali.

volando via dall’isola con Elba,

dai  più morbidi rifugi color rame,

a cercare luce asciutta e vento forte.

La tua dolomia ora è un giuramento,

sulle pareti scure, che protegge

un albero nell’albero, e in silenzio

resistono gli anelli della volta

ai ripostigli  della neve sopra casa.

 

Ti sentirò arrivare da lontano,

bagnata del celeste di mio padre,

portando bende calde, affonderò

nel sonno del tuo nome,  mia silvana.

 

Jeanie Tomanek-

Immagine Jeanie Tomanek

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Il canto delle ali dorate

27 giovedì Lug 2017

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

lustro, Mammet


 

Ai suoi piedi nascono fiori

con l’intensità di un primo amore,

la luce del fuoco.

Come un’acqua limpida,

la mano del calore,

cola sulle mie spalle

brillanti di cenere.

 

Una figura potente, come il sole

vuole sbucare fuori

dal ventre della montagna

e uscendo dalla bocca

si posa inaspettata

sulla lingua, forte, urgente.

Con il grido di una pianta

strappata dalla terra

 

qualcosa viene ad aggiungersi  alla sua luce

qualcosa dentro la pelle

che fuori ha il suono

dei figli del crepuscolo, della vita

qualcosa che non si può paragonare

a niente di vissuto-

una forma di tempo, una durata.

Ma non era tempo, non era durata.

 Aria

era aria che trasudava gocce somiglianti

alle loro forme madri

dal calore la forma

dalla forma il movimento

dal movimento i colori, dai colori

il sapore e insieme odore. Odore.

 

Ho accolto la neonata,

l’auriga che ogni notte si rinnova

dalle acque notturne  in cui è rimasta assopita,

che nell’ultima ora ha lottato, con amore.

Nel singolare arrestarsi di ogni movimento

 

ha fatto nuovo qualcosa di antichissimo

partorendo ciò che è vecchio.-

Una volta era già in alto,  io credo,

non c’è parte che non ritorni nell’anello

sempre più in fondo. E da ultimo

saremo nel punto più basso- dicevi-

del nostro fiume poi lago e ancora mare,

luogo di morte luminosa, finché l’acqua

non si sollevi in cielo

come vapore,

per ricadere in pioggia…

 

“ Lo spirito e la sposa dicono:

Vieni. E chi ode, dica vieni. Chi ha sete, venga

Chi vuole, prenda in dono l’acqua della vita “

 

Versando seme vivo fra le ombre azzurre,

meridiane dei morti,

si è accostata, mammet,

con un lieve ronzio

simile a quello prodotto dalle ali

dello scarabeo.

 

Il canto delle ali dorate

mi ha permesso di riconoscerla. In quell’istante

si è posata come una egretta sacra

sul mare

un guscio sono divenuta. Un giorno

due giorni molti giorni cinque anni. Oggi

 

la luce del giorno illumina

l’ombra del sole, l’Elba,

che abitava sotto l’albero dell’acqua-

Non la comprendevo, ma sapevo di Lei

che cresceva.- Non è accaduto nulla, dici,

e tuttavia si è prodotto un soave ed ineffabile

mistero: io sono uscita dal cerchio che ruota

toccando il tuo fiore alla sommità dell’albero

le ali,  che tornavano. Verso la sua stella

 

siamo uccelli d’oro sul ramo delle luci,

utero della chioma fiorita,

silenzio

delle sue profonde radici.

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Nel Lungo Requiem Del Vento

14 martedì Feb 2017

Posted by Amina Narimi in Poesia

≈ 7 commenti

Tag

Mammet, Nozze, padre, Principio, Requiem, vento


Il grappolo d’oro è di nuovo un vigneto
nella sua terra grezza
il tratto cieco intorno al bianco
nella memoria della luce.

Tu sei un luogo, ora, padre,
ed hai un orlo
nel lungo requiem del vento.
Mi inchino alla vecchia foresta,

per amore e per forza,
alla voce calma di chi conosce senza giudicare,
alla sommessa melodia della tua serenità.

Questo poco di luce e la betulla
sono il tuo gesto, la grazia,
il dono di ridere dei grandi angeli
con le ali ripiegate verso terra,
composte di una dolcezza indifesa
e un diamante,
nascosto, profondissimo, dentro di sé.

Mi hai lasciato con i passi di chi è arrivato a casa,
nel mio tempo interiore, la tua eternità;

un silenzio sacro,
che non si interrompe neppure quando parlo,
fino a non distinguere più il tuo viso
da quello di mia madre,
l’uomo dal bene o dalla sua sposa,
l’inno e il lamento,
montagne nuvole ombre più scure,
e alberi, tanti, tanti alberi.

Un immenso paese riposa in me,
nell’addio e nell’incontro,
l’eterno
di queste ultime nozze
giunte al principio.

..La mia Mammet è tornata
a prendere il suo Sposo fra gli angeli
nella notte del 9 Febbraio  2017…

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Avevi degli angeli alle labbra

30 sabato Lug 2016

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

angeli, garze, Labbra, madre, Mammet, Ninive


Avevi degli angeli alle labbra –

Ti scrivevo:

” Un solo giorno

ancora
da colmare
sostiene l’Anno
sull’orlo della vista ”

scuote un soffio tra i miei seni
di tre anni senza fine,
più del Nome chiama
ciò che resta di ogni goccia
delle mie ninive amate
nascoste nella stanza,
le garze d’acqua che porgevo
le hai scambiate col bicchiere-

aprendo le tue mani come ali
le alzavi fino al viso – inesistente,
afferrando l’aria di cristallo
portavi come un peso
dal deserto della gola
all’invisibile di luce

non so fin dove, madremia,
perché avevi degli angeli alle labbra
la grazia nel tenere niente
il mistero delle egrette sacre
a bere Nulla

con immagini prodotte dal respiro
l’unità sfiorata
è la distanza più incolmabile,
se riempio questa sera
di vigilia,
la ciotola col latte nel giardino,
e suono intorno-
un lamento circolare
nello sguardo ebbro di sentire
quel vuoto lieve tra le mani,
di bianchissimi elefanti nella gola-

cosa resta dell’assenza
come spazio
del suo Essere sublime.
Mi avvicino solo di un millimetro
che tutto può colmare.

Mammet- 27 luglio 2015

egretta sacra...avevi degli angeli alle labbra

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Dentro il chiarore del tuo sagittario

16 martedì Dic 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

≈ 2 commenti

Tag

chiarore, compleanno, Mammet, Sagittario


E sai come attendere ancora

camminando con gli occhi

a piccoli passi

tenendo la voce nel petto

come fosse una stanza,

una limpida stanza, nella limpida pace

per vivere ancora. Colma di luce

ho scelto un angolo del mio giardino

da dove si guarda nel boscovecchio,

al centro esatto del mondo,

ti ho veduta tagliare la torta

sulle montagne leggere

con un filo azzurro sul ramo

viaggiando a ritroso dentro il chiarore

del tuo sagittario

venuto al primo giorno in cui raggiunsi

la riva occidentale del dolore

nel sogno di qualcuno che non nasce

faceva male

questo anelare che ora è gioia

inciampando sulla pelle della Bibbia

tradotta in minuscoli frammenti.

Quanto è vasto il nostro essere figli

se da lontano ti alzi dentro i boschi,

sullo specchio dell’anima, silenziosa,

sotto le volte delle più alte cavità:

inginocchiate al nostro Garizim,

dove la sorgente allarga il corpo

con le ossa esposte ai vasi d’oro,

bagnammo i nostri nomi nel presepe,

con il bianco eolico degli occhi,

sfiorando come cieche la natività,

finchè il cielo discesce per toccarci

mescolando sull’orlo delle vesti

la veglia della neve per Natale.

Qualcuno arrivò come a coprirci,

un Angelo forse, con la testa di un bambino

nelle profondità dell’incompiuto..

c’è un’emozione tenera ad Oriente

del dolore, dove indietro non si grida,

nello sguardo di un’aurora senza sole,

che custodisce e vive, disegnando

un arco luminoso che finisce

indistinguibile, sul mare addormentato,

che entra nell’amore commovente

gettando a poco a poco la zavorra,

e nel tempo della sua composizione

anche il ramo solo di un abete

fa un giardino intorno alla sorgente,

pulsando nelle pieghe della mano

e in altre forme, sul capo, ai miei domani,

la stessa comunione, coi piedi carichi di seta,

una lezione della luce, ancora più leggera:

un presepe immaginario, tra l’ombelico e il seno,

annodato sulle reni con la forza della sua fragilità,

ritma le mie feste dondolando,

con tutta la lentezza del tuo viso,

il canto di un sentiero tra le cose

che non mi hanno mai abbandonato

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In ogni luogo polline..

28 lunedì Lug 2014

Posted by Amina Narimi in Poesia

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Tag

babbo, Mammet, narimi, padre, Papa Wojtyla, papà, polline


sono salita così da mio padre

come ci si sposa,

attraverso un mistero

che ha reso reale l’odore

di ieri–

dietro di me c’era qualcosa, qualcuno

che potevo toccare, davanti quel sogno

del patio, le mani e il suo viso

silenzioso come le stelle in alto col mento-

di gioia indubitabile. Con un sorriso chiaro

nel palpito leggero del “perché ?”

mi sono velata di bianco,

come un tacere ad alta voce le nozze

e uno sguardo divino esaudito nel cuore

del pranzo. E’ stato il primo gesto-

in cui ancora vivo – risorgendo-

davanti alla finestra

finchè gli occhi non mi faranno male

per l’assenza impercettibile ai contorni

segreto fino a me- nell’ultima parola:

“ Sì. Mamma si è addormentata dolcemente,

come in sogno..Ecco perché, rimane“.

 

E’ seguito un lungo viaggio nel silenzio,

un tempo magico al ricordo, il nostro,

fino a quando Papa Francesco se l’è portato via

ritraendosi da messa. Come un’ondata ha detto:

“Claudia..è così semplice amare questo Papa

è un polline naturale…” -facendomi rivivere

di essere venuta al mondo – ha sospirato poi,

con gli occhi del bambino più antico sulla terra

” Quando prego è a Papa Wojtyla che mi rivolgo,

sai…lo chiamo sempre papà

nelle preghiere , io lo chiamo papà…”

 

Come un segno d’acqua in chiesa

le sue parole

stavano sospese nella luce

di chi non ha conosciuto un padre.

Al fondo dello sguardo,

riflessa nella sue pupille, è divenuto un’ostia

il pane di ieri nella bocca. -Non sai babbo

della tua bellezza, come è andata

verso l’interno oggi, la nudità

del tuo segreto, in ogni luogo polline,

per quanto sussurrata.

 

Danza nel vuoto della casa, ora

insieme a me, stupenda madre,

dall’altra parte della vita,

con battiti profondi e nuovi

si è chinata, si è congiunta a noi,

come una sposa, papà,

la gioia.

mussole e l'elefante

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Sono una donna libera. Nel mio blog farete un viaggio lungo e profondo nei pensieri della mente del cuore e dell anima.

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Sempre giovane è la conoscenza

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When the green woods laugh with the voice of joy, And the dimpling stream runs laughing by; When the air does laugh with our merry wit, And the green hill laughs with the noise of it.

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