Da dove vuoi che venga lo struggimento
della danza, il canto nella lucida malinconia
nello smarrirsi il selvaggio più sublime
incerto del dolore?
Sospesi al cielo col bastone della pioggia,
forato al cuore da buchi in tenerezza,
al muro dove volano gli uccelli
il tempo esatto di una grazia liberata,
compiendo un balzo, non esiste più
distanza, esiste ciò che la circonda,
il suono. non è scivolando sulla superficie
è penetrando fino al Nulla
il centro della sfera
dove giunge sommessa la figura. da lontano
ha la fermezza di un tempio in un villaggio
abbandonato. ti entra dentro,
se sapremo contemplare nel suo interno,
se devoti, conosceremo i sonni fatti,
l’uno per l’altro attratti. rifiorendo
nella sua bocca quanto un uomo
e una donna abbracciati. dalla morte
all’immortalità degli occhi chiusi.
il giorno che si unirono col buio
nel grembo materno. ancora prima
di nascere. tanto erano innamorati
Regredendo da persona a seme
per lo stesso grembo che gli dette vita
nel mistero femminile della luce
è quella danza la notte partorita-
aprendo il chiaro di sentieri nuovi
l’inesprimibile completezza, il fondersi
riflessi dentro un occhio solo-
è quel segreto divenuto intero.