Quassù, dove le uccelle succhiano il miele
dai cardi selvatici, c’è una chiesetta, a Battedizzo,
nascosta da grossi peri senza frutta,
appesi ai rami piccole strisce di stoffa
in segno di una grazia ricevuta
con gli occhi neri, e inzuppati
di una nebbia luminosa,
si alzano da terra tre betulle
e un cespuglio antico di equiseto
bianco. Ogni tanto nel silenzio,
rispettoso in quell’aria piena,
si espande un canto
dai lunghi respiri dei capelli
nel bagno silvano tra i pini neri
sulla sponda del rigagnolo
nella vasca riservata per le donne
stavamo sedute e guardavamo nude
un mondo riparato sotto grandi ombre
di castagni centenari, la terra chiara di fiori
caduti, in mezzo all’erba alta un cimitero
con le tombe morbide, come culle
ci siamo sfiorate per un attimo con gli occhi
quando il sole d’improvviso ha tolto l’ombra
dalla cima degli alberi disperso con un soffio
un po’ di cielo azzurro sulle nostre spalle
fino alle labbra, come fossimo sotto una cupola,
tutto pulviscolo, vapore dorato, sospeso
lungo i fianchi della nostra vita
Ed è proprio lì, nella conca della musica,
che abbiamo imboccato un nuovo sogno
col catino dei rumori tra le gambe
e ondate di silenzio
che toglievano agli alberi i sospiri
per la caduta della neve a Monte Mario
o la via d’aria che si formava tra le mani
quando aprivi la finestra della stanza
ed io le braccia per sentirti dentro,
dall’altra parte del mondo, al centro.

-Renato Guttuso-
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