Accanto al mormorio, che so del mirto,
dietro casa, in cima alla nughedda
c’è la bionda meraviglia che si spoglia
della mandorla di luce nella sera;
tutta la collina è solo attesa
di un grappolo di fiati mentre sale
con la semplicità di un’acquabuona.
Per bagliori della carne altro non c’è
nel minuscolo bosco sepolto,
vivendo di ciò che riceve
dalla grazia innocente di Azzurra,
quel suo modo di dirmi sto bene
abbassando il capo e un lamento,
il più mite, sopra il mio ventre-
come fosse tutta l’origine
del fuoco da cui è giunta
la parola da noi benedetta.
C’è letizia in questo dolore.
Se tu fossi presente alla morte,
quella piccola di tutte le sere,
troveresti due cuori nel petto
delle albere uccelle e fiumesse.
Il confine è ancora la sua mano,
e lo sguardo origina dal buio.
Basta un’eco,
appena il tempo di passare,
che un occhio solo già distingue il nido.
E qualcuno è proprio qui che trema-
nel luogo dell’origine del grido
di quell’albera- non le cime azzurre
o le apicali delle sue radici,
a tremare è il corpo che sta in mezzo,
più modesto di un servo o di un padrone-
dove passa l’alburno con la sete,
come fosse il concerto di tre angeli,
quando sconfina in una viola sola.
Un indugio il colore delle sillabe,
l’accento è un ritardo, e il culmine,
nell’andamento claudicante del respiro;
non è la cima dei monti all’orizzonte,
o la profondità delle foreste,
sono le pagine di un erbario remotissimo,
dove ti metti con la lingua, per tacere.
Eppure un suono vibra, flebilmente,
mentre porto l’acqua nel torrente in secca,
se raccolgo i panni, quando taglio legna,
io ti sento, nel silenzio, che disponi
i tuoi rami con i fiori, al centro del mondo.
Nessun grande cielo a luccicare
sulle colline di sasso,
solo un andare tra fango e terriccio,
da un sorgente a quell’altra-
un ciuffo d’erba grigia, scie di nebbia
che sfumano i contorni del mio semplice vestire,
rendendo radioso l’odore delle pigne che hai bagnato –
le cose si conoscono tra loro si frequentano
il fontanile del tuo sentiero, la cerva da un solo fianco
mostrando cosa appariva come un velo –
Il te bollente Mentre sorge la luna intiepidisce
Non il suo riflesso quando sfiora le labbra
Tanto da tacere già dentro la parola
fra le maglie che si aprono per fremiti
riassorbite sulla pelle, così chiara
da non potersi trattenere in un pensiero-
un semplice barlume lascia il posto al suo riflesso,
e nel miracolo salato il cavo d’onda
diviene un nuovo pieno- Madremia,
ho rispettato il giuramento da soli cinque giorni,
sul focolare il minimo colpo farebbe cadere
i ceppi, e le braci
conserverebbero ancora la forma
che ti ho promesso, cadendo,
e in più la luce. Domani sei nata
e il tormento si placa di colpo,
come sotto il tiglio, quando ci respirava
e si accostava a noi, per un lungo momento,
aiutando i nostri fiori a schiudersi,
indicando il sentiero possibile dei caprioli,
il rifugio, la dimora dei girasoli
per la raccolta dei semi. La speranza.
Non è certo la morte ora a impedirci di credere
all’eternità di ogni minima cosa,
al suo nome – io credo- a ogni luogo
dai mesi bellissimi, ai bambini
qua e là, donne e fiumesse
che si scambiano ricordi
di albere e poesie improvvisate,
con lacrime raccolte nel tutto della gioia,
ad ogni tornante delle nostre braccia-
Da ogni fiore la promessa del frutto L’ultima brina
Lo spostamento immenso del freddo
è questa onda che s’inarca da cinque anni
fino al semplice tratto di schiuma,
in migliaia di vite, stanotte, la nostra lingua,
la veduta di alberate ed un vapore
annidato nella foschia che si disperde.
Se oggi dico “ mi ami” e rispondi “ anche tu” ,
sbucano i verbi come la vita stessa
se ripeto saltimbraccio, per amarti più veloce,
magento, nel sorriso del tuo nome,
senza aggiungere altro, Silvana.
Il te scaldato e il fuoco tutta notte Quante le veglie
"Mi manca il riposo, la dolce spensieratezza che fa della vita uno specchio dove tutti gli oggetti si dipingono un istante e sul quale tutto scivola." Alfred De Musset
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When the green woods laugh with the voice of joy, And the dimpling stream runs laughing by; When the air does laugh with our merry wit, And the green hill laughs with the noise of it.
La cosa importante è di non smettere mai di interrogarsi. La curiosità esiste per ragioni proprie. Non si può fare a meno di provare riverenza quando si osservano i misteri dell'eternità, della vita, la meravigliosa struttura della realtà. Basta cercare ogni giorno di capire un po' il mistero. Non perdere mai una sacra curiosità. ( Albert Einstein )
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