Credo in te, che sei nella mia pancia,
minuscolo Kogi fra i picchi di neve
nell’altra terra. Facevo gli occhi chiari
al giungere del pane di Natale,
come alla partenza degli stormi,
ora stringo la porziuncola di pace –
dove l’acqua scorre sempre, sempre cade,
se il dolore dell’acqua è infinito-
un luogo in più, che porta sulla pieve
di betulle con le rune lungo i fianchi.
La vista le nomina, la mano le conosce.
Sono anime che tornano alla nascita,
ciascun ramo un’ala delicata
delle gole trasparenti che respirano?
L’avremmo detto un giorno,
sottovoce,
con l’adagio delle mani fra i capelli,
del salterio dove aveva riposato
il sentimento che ora ci solleva
generando l’aria buona che sa il nibbio –
con la stessa commozione di chi guarda
i bambini quando mutano in uccelli.
Se il dolore dell’acqua è infinito
18 sabato Dic 2021
Posted Poesia
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