Giovanni Prini, Gli amanti, 1913, Galleria d’Arte Moderna, Roma
Dove, come un guanciale sopra un letto,
la pregna riva s’alza a riposare
la viola dal capo reclinato,
posammo noi, l’uno cuore dell’altro.
Le nostre mani salde, cementate
da un balsamo tenace che ne sgorga,
i raggi degli sguardi s’incrociavano,
gli occhi infilando su di un refe doppio.
Cosí per ora innestare le mani
fu tutto il nostro modo d’esser uno
e concepire immagini negli occhi
fu nostra sola moltiplicazione.
Come tra eguali eserciti la sorte
sospende incerta la vittoria,
le nostre anime (che per allargare
il campo erano uscite da noi) tra noi s’alzavano:
e mentre là negoziavano le anime,
noi giacevamo, statue sepolcrali:
tutto il giorno immutata l’attitudine,
non dicemmo parola tutto il giorno.
Se alcuno, dall’amore raffinato
sino a intender la lingua delle anime,
fatto dal buon amore tutto spirito,
alla giusta distanza fosse stato,
egli, pure ignorando…
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