Posso solo raccontare di quel poco
intravisto per bagliori nei tuoi occhi,
la santità del movimento – non il detto-
ma ciò che ho ascoltato lentamente
di quel respiro azzurro dentro l’aria.
È lì, nei penetrali dell’amore –
nel sonno più infantile del suo lato-
che si mantiene antico il nostro inchino,
tra i muri stupefatti della casa.
Per gradi di visione altro non c’è
abbandonata alla dolce eucarestia,
fiorita, nell’immensa solitudine:
sei tu la morte piccola e il risveglio,
e se luccica di sacro questa fossa,
sulla quale poggiare il nostro arrivo,
è grazie alla tua pioggia antecedente,
è dove sei la sposa ed il bambino,
dove mangio la tua polvere divina,
coi reni pronti a saltare nel mattino
di quell’ultimo sorriso benedetto
come un germe tutto intero che si affida
al tremore più solenne della terra.