ll tempo è pieno, tutto è già avvenuto.
È tutto qui, ripeti, il polline lucente.
Allora il nondum? Da dove la paura
che venga come un ladro nella notte?
Cosa manca, se seguo il capriolo,
se la visione è certa? In un istante
deve aderire il cuore alla certezza,
non quando corri, ma come ti prepari
vivendo da gregorio- la tua veglia
sarà ogni volta l’ultima, se credi
giorno dopo giorno nella luce
che traspare dalle lacrime nascoste,
il fuoco sacro è immerso nella terra
che vela il suo splendore, come un grembo.
-Quella la stanza non aveva giri d’aria,
il fuoco aderiva ad altro fuoco,
e una donna, illuminando delle carte,
fulminea, le metteva in movimento
con il tuono della voce, da lontano
portando delle ombre allo scoperto
sul bene necessario, tra i fratelli.-
Se le forze sono piccole
si fanno cose piccole, lo sai.
Così faceva amina, lei tremava,
poteva solo attendere e guardare
le nubi, come si erano raccolte,
e la pioggia lontanissima, in disparte.
Finché in un punto chiaro del suo viso
si fece quieto il monte, e respirò,
percossa dal gesto di una mano
aderendo al bello delle dita.
Rotto lo spazio, l’assenza di ogni luogo
si aprì un varco nella sua ferita,
abbandonata alla grazia di qualcuno
che abbassò la veneziana per il sole
portando l’ universo dentro lei
l’itineranza, il nulla, la stessa povertà,
d’un tratto nuda, senza appigli, libera,
al castello che non piega le sue cose,
ma le accosta come fossero dei gigli-
con la semplicità di una preghiera,
poche linee sul tavolo di vetro
divennero la foce e la radice,
il riflesso di un lago sotto il monte.
Sussurrava sono salva, l’ho sentito,
scambiandosi le acque fino in cima,
il riposo dei due laghi fra i suoi occhi
ora era nel paese respirabile-
ricongiunto il fulmine col tuono-
che donava col vapore la sua pioggia
alla pianta appena uscita dalla terra,
l’apocalisse, per la pasqua delle rose.