Fu quella sera di temporale,
e tutta bagliori giravi da sola.

Ti ho preso per mano e abbiamo intrecciato
un girotondo infantile dentro alla pioggia,
una danza intima insieme alle rocce,
un passo carnale con tutto il cielo,
per essere credo, nati due volte.

Il lamento sottile di una cerbiatta
vicinissima al parto ci ha fatto fermare
allentando la stretta, e ricchi di pianto
ci siamo distesi. Prossimi a lei
tu hai mosso le labbra solo per dirmi
mi ami … poi senza aggiungere altro –
con la mano guarita dall’acqua marziale-

hai colto una fragola senza guardarmi,
come se avessi scoperto un tesoro,
attendendo la nascita sopra il mio seno,
su un letto di erica impregnato di terra
col viso argentino di chi sta per cantare
l’offerta del sole, scintilla purpurea
dell’umile primula intorno all’anello
quando si accoppia con l’universo.