Tre pieghe d’aramen
mi sono preparata
e lo splendore
nella sua umidità rigonfia il verde
in pochi tratti vene 
senza cura
quattro volte doppie nel baule
-oh mio mandylion-

-Non s’ingannano le balene alla frontiera
Nulla da dichiarare! –
-E il rame?
– intarsi. Il mio corredo cucito a mano
cavezze finimenti morsi,
tracce di camminamenti per piccole bufere,
fesh fesh sottili per un tempo. Bave di perle.
Effetti degli haiku . Vuoi contare?

Sul fondo c’è la fibra:
otto buchi d’alberi, ventisei respiri,
le ombre dei tre pini
ceneri, pasta madre e galle,
un uovo di pasqua mai scartato
nella mussola di Hatrac-
Non ho stoviglie, ma paesaggi
di Hokusai, lo sguardo nelle anse
oltre l’amore, nelle curve Rilke.
Il paradiso e l’inferno sono qui –
dolceviolenza e Cento vedute del Fuji.
E’ tutto, naturale.
Ho tradotto un theremin
con la lingua che hanno i pesci
quando fa vibrare il suono
e non finisce mai di stare dentro
Tutto il resto è selvatico aramen.