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Uno stellario, la tua mano,
che vuole solo respirare,
tutto qui,
sporgersi nel vento
che viene, se cammini,
con l’alba dilatata in fondo agli occhi-
tacere, fra gli alberi,
tacere gli alberi bianchi
di neve o di fiori. Io credo.
Sul rossochiaro del tuo dito
ho imparato anche a dormire-
tra il luccichio delle ginestre
e l’immobile travaglio di quel masso-
con le curve della voce,
la spirale del nibbio, a dare vita,
dove hai disteso la famiglia
e un posto buono, per restare
il tuo mantello.