Non ci sono libri sulla cima
a Monte Sole, non ci sono
altro che le nostre gole
e solo amorose leggere mani
quasi in sogno
tra l’antico bambino e i morti.
Chi è dentro? Chi si muove
di continuo come un bosco?
In uno spazio di canto e di esilio
magnificate dalla piccola statura
di un prato incomparabile
sono state a lungo in piedi
le nostre ginocchia coronate
a respirare il bene
del muschio indovinato
come una casa abitata.
“ Tu, quanti anni avevi allora?
-quasi in un responsorio, mi dici-
come te uno meno uno più di te-
nella tensione immobile
di un animale in muda-
Oggi vediamo con gli occhi delle foglie
cresciute, nel viaggio fino a terra,
con la meta al loro fianco,
dove i due mondi si scambiano segreti
avanzando di ritorno, impariamo
a trovarci.” Ohh sì..
Dove tieni asciutte le tue cose,
sul tavolo, parola per parola
tocco, nell’arca delle madri,
il legno scuro, intorno al tuo carteggio
la prolunga di un’anima,
levigata dall’acqua.
Ed io, tu che sei Ora,
io, dall’altra parte del mondo,
sollevata all’ultima solitudine
ti mostro questa manica
nella quale è caduta la neve,
accanto ai pastori,
tra gli incolti meravigliosi attorno casa,
questo dolore che indosso come un filo
solo di perle, e, un passo avanti, Luca,
nel ghiaccio del sole che lo investe.
Silenzioso compagno
tra le pieghe meglio sepolte
conosci la gioia,
nel lento chiudere le palpebre
del fiume, la portata,
l’una nell’altra.
E tutto in accordo
in esse riposi,
nel tuo miracolo salato
nessuno sa fin dove accanto,
con i segni delle dita, poco a poco,
per radice.
Lì, cadendo, già trascorso
intravedo il nostro petto bianco
ancora in cima a Monte Sole.
Questo è tutto quello che sappiamo
dell’acqua che va insieme
con il peso assunto nelle altezze.
Saremo casa,
tra i giunchi che si allargano
e il nostro nome che contiene
il più antico benvenuto
nel sigillo del Natale.