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Tacere toccando la terra.

Tacere,

sostenendo il silenzio i tuoi fiori.

Ho atteso

che tornasse il respiro

nel  vuoto

che precede ogni tua voce.

E’ un corpo senza segreti

l’anima che ora ti offro,

nessuna forma che la torturi

nella stanza più intima.Un vento,

il suo bisbiglio. E’ tutta la donna

 sulla tavola di cera dell’ascolto,

 a gemere leggera, tersa,

-come un fiore ridotto alla gioia,

fino a togliere peso, nelle tue mani.

Come in grembo ad adamo

 stringe il tuo seme con gli occhi

d’argento,  il tuo yiddish nel cuore.

-All’origine che sola congiunge

il  suo primo matrimonio alla preghiera,

 stavi lì, brillando intero,

indicando un altro luogo,

in petto, un altro luogo

che afferrava la realtà

tutta la vita. – Un fiume nuovo

 il tuo non esserci, gira nel ventre

adesso, continua a salire

con ostinata bellezza

come un coro di acque, in piena,

nell’argento dei polmoni.

In un profondo caldo

 si raduna il fiato sopra l’erba,

si piega per la sera.

Reclino il capo, anche io,

spingendo indietro la saliva

entro, fedele, nel tuo silenzio sacro.

La terra aperta.

Comprendo che sei qui

 dove la vita aumenta

se, respirando appena,

cola dalle parole che ti scrivo

più vera della notte la tua voce,

se, tra le aperture delle labbra,

il nostro riso si dissangua in luce.