Si stacca un angelo dal muro
umano, fratello silenzioso
di una gioia preistorica,
trafiggendo la mia voce,
con un’estasi violenta
spezza il buio sulle vene
al centro della notte
È la sua mano d’argento,
ed io l’avverto, che mi tocca
in un morso d’amore,
che spacca le labbra
mentre guardo le rose,
con la forza di un bosco
in tempesta
come un grembo
che prepara una nascita
per entrare nel fondo
delle ultime acque
ho imparato a difendere il nido
con una danza ubriaca,
attraverso il mare dei giunchi
il respiro di ogni occasione
laggiù, nel profilo senz’ombra
amando il tuo Nome-
pietra sacra nel gelido fuoco-
ho condotto in preghiera le mani,
nel ventre buio delle marianne
ho strappato il cuore alla luce
dal leviatano, con le lacrime il fiele
per portare rimedio ai tuoi occhi
nella pelle finale, al tuo matrimonio,
sigillando la carne al suo posto-
dove vanno a passeggio le navi
e tutti gli ognuno di noi
formati per gioco di un Dio,
sorridente nel pesce più grande
a prenderci i Nomi che Siamo-
affinchè rinasca una sposa:
la figlia che esplode la pietra
nella casa del vino, la nostra,
la sua castità,
scaturita dal fango,
che danza alla fine degli occhi,
dilatando il centro alla gioia
nel cesto delle rose sul comò,
è accaduto questo,
dove mi raggiungi
per venire fino in fondo al sogno,
e ritornare un angelo.