Con i sogni nella carne,

come ceste per il pane.

Così tanto vivo

con occhi di parole

-privi del dolore occidentale-

l’affondo nella vita della verità,

sfiorando il corpo di un mare sepolto

una mano, dal fondo del tempo,

nell’ora più sottile del mattino

quando lo spessore della pelle

è troppo fine

per celare l’interno delle cose

non tremare se la chiamo

solitudine

                            è solo un taglio nella luce

in cui si apre il mormorio della speranza

quando l’usignolo rischiara i fiori e in te

mi spingo nel paese di mia madre

con qualcosa in più e quest’altra me

che s’accontenta

dove il tuo spirito colma la mia passione

 

Dove si annidano gli occhi

così tanto vivo

tra il verde luminoso e l’infinito

fino alle radici della solitudine

per vedere la crisalide del tempio

arrivare limpida alla luce

Nel chiaro del bosco è un altro regno

che  l’anima dimora e custodisce

sognando verità

che ancora non sono vere