Anche senza bagnarsi nel Nilo,
purificando la lingua sugli alberi,
dove il balzo verticale è verso Dio
mi bagno sulla tua corteccia umana.
dalla carne all’inguine del bosco
ti conducevo come fossi genesi
dilatando quell’immagine sui rami,
per quel tono fragile che avevi –
al centro della piana di Senaar
nel mezzo di un profondo sofferente-
se restavo nella cerva a far l’amore,
col rigore con l’impegno e con la forza,
folle
nel desiderio di unità.
Santità si scrive qedusah e prostituta- qedesah–
In lingua ebraica ha radice di sorella, poi di Issah
se l’Uomo sposerà quell’Altra parte-
senza prostituirsi all’esteriore del piacere
così gelando in ogni dono, se non viene
reso matrice il corpo, ma prigione, infine tomba-
passando dalle nascite alla nascita, dentro se stesso
dentro Rahab– la prostituta che avverte lo splendore
delle spie di Giobbe, e lo protegge sotto il lino
steso sul terrazzo- nel suo nome c’è la forza,
la volontà d’estrarre pesi- con la mente
satura di Nulla- alla miseria,
per un momento di felicità. Ha ricevuto tutto,
il signore col barbone e il suo mestiere
quel giaciglio divenuto letto
di morte o culla a nuova vita. Ha tanto amato,
lasciando andare chi amava, trattenendo
il ripugnante. ha pianto. È Rahab
che ora sente gli altri esseri come i sogni,
con una parte privilegiata di se stessa,
da un’altra stretta, ha colto il filo rosso
che si lega al polso dall’interno
spremendo il succo nel suo sangue,
più delle spinte
che hanno fatto sconvolgere il suo ventre
Ha scelto la parte migliore anche Maria
di Magdala non si è affatto preoccupata
della buona reputazione o della legge. Ma
nel pieno dell’orgasmo ha colto un punto luce
verso il quale volgersi, riprender vita, là,
dove provava il suo piacere, l’elevarsi in un’offerta,
nel desiderio folle che l’attira
in una irresistibile vertigine
e vi sprofonda e si abbandona
cozzando da ogni parte i suoi demòni
e contro i piedi di colui che mai credeva
di raggiungere nel franare a pentimento
nè filtrare di un’aurora nella notte-
ponendole la mano nell’orifiamma impuro
sulla chioma, che benedicente inonda
poco a poco come mai gli amanti prima-
con la tenerezza di un Altro Amore, scorre il nardo,
un’intuizione di pace nella stanza del Signore
ebbre di santità. Vanno e vengono queste donne,
prostitute nel fiume della vita, poi
si fermano per ascoltare e contemplare,
accompagnando l’uomo di dolore, con l’ardire
del pericolo. Donna! E’ la Prima parola
del Risorto. Poi Maria. Finalmente amata
sotto gli alberi più verdi e le montagne
dentro il fango stabiliamo le radici
di quel Nome che ci chiama dove nasce.
è di una grazia così violenta
che si ama con la gioia
verso colui che si nasconde
che appartiene ad ogni Anima vivente
La trovo là, in quel punto
che non ha la dimensione,
nel cuore della rosa, che diviene
nel dramma lo splendore,
devota al proprio nucleo. Morsa di puro amore
è il dolore di Noialtri se vicini
come un passo innalzato nella neve
che più dolce chiama e il palpitare
è come se cogliesse che cerchiamo in cielo
dove l’Ora ha nascosto le vigilie
di un segreto inverno
se il dolore è una ferita
è da lì che passa l’inatteso
l’invisibile mistero della gioia,
nell’offerta di se stessa fatta carne
con la mano sempre tesa sulla piaga
luminosa, nella pena più rinchiusa,
immergendoci lo sguardo,
si può scorgere l’Iddio,vivendo,
incontrarlo mentre affonda
nella morte che guarisce, con l’amore
se lecco il canto buio dentro gli alberi
mi ritorna melodia, dolce midollo
dove è il globulo rosso che scompare
attraverso la parola Prostituta
ripetendo ” Voi siete mia Madre“
con la forza di una Santa Eredità-