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Ho messo al muro la notte e il calendario nuovo
dalla parte di Swann, poco sopra dove faccio colazione,
la carta patinata di gennaio ancora nascosto.
Ho comprato il vischio nei sacchettini con il nastro colorato,
ne ho comprati tre, uno per me e mammet,
l’altro per mio padre domani, e questo è “per te”,
avrà cura dell’assenza per sempre.
Col muso spinto in avanti
ai piedi tamburi fanfare nei passi,
amina è andata a vedere la piena,
io ripeto- narimi- minuscola donna
inzuppata di bosco- rimani
con l’occhio che brilla sul dorso
dove l’anima tende una lenza
al branzino che guizza
pieno d’argento. per ore
e ore. ti dico: possiamo essere ovunque
con gli occhi che tingono il vino
con lanterne rosse di carta
porteremo dei sassolini
lasceremo gli auguri cadere fin là…
c’è un suono che striscia sul muro
più bello di un jeko a mezzanotte
sulle ombre affilate ho teso la mano
cercando la fonte eretta nel vento:
un pugno di ore allo sprazzo di luce
dove sfugge alla regola un filo
che sale e rilascia sostanza
–cos’ha da suonare– gli chiedo
cercando la forma alla mano
come mille orchestre d’uccelli
-è la notte,
vuole fare la seta sui letti
portando la luce dove il sogno ha già buio-
stringo forte la vista
metto dentro parole
non so fare altrimenti
per fermare il lamento
che “ti dice” qui accanto
dove hai saputo arrivare
raggiungendo il cuore col suono
prima ancora del nero la carta
prima ancora del nero la carta
sto col ventre ritratto
nel sogno
per raccogliere tutta la pioggia,
una scatola di cerini, e una mamma morbida
Sognare è certezza d’esistere, e stare
con le braccia tutte aperte
a disegnare un luogo con l’aria,
con un salto in braccio, da una piccola rincorsa,
raggiungere ogni viso
fin dove cresce questa pianta umana
che rotola, aman, aman,
come una stoffa ebraica nella pancia
uscendo in profondità
al lamento del fiato, claudicante.
Sei una pozza di luce impregnata di colore
dove il destino mi ha fatto immergere le mani
è pieno di spazi il tuo dentro
da potersi toccare le vertebre, e ancora
dove mi fai scappar lo star male,
colpendo ai fianchi la notte,
con un sorriso,
scaturisci qualcosa che si diffonde,
un nido negli occhi del canto,
dove si sporge del buono,
staccando la verità, e noi
possiamo soltanto amare
Dalla parte di Swann, a casa della zia Lèonie,
nella stanza ho girato il Nuovo Anno
aman aman
Žute dunje
Fu l’amore fra due giovani
Per un mese per un anno,
quando chieser di sposarsi,
di sposarsi aman aman,
i nemici disser no.
S’ammalò Fatma la bella
Figlia unica di madre.
Per guarir mi porterai,
lei gli disse aman aman,
la cotogna d’Istanbùl.
La cotogna andò a cercare
fin nella città imperiale
ma tre anni lui sparì,
per tre anni aman aman,
per tre anni niente più.
Tornò alfine con la mela
Ma trovò il suo funerale.
Gridò a tutti di fermarsi:
vi darò tutto il mio oro
se baciare la potrò.
(trad. di Paolo Rumiz)
ancorase ha detto:
Cadrai in una fessura di verità come fosse un crepaccio, ma sarà invece la salvezza.
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lamia82 ha detto:
È un incanto…… sei favolosa….
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