C’è un linguaggio totale
che continua a propagarsi
dove sbuca d’improvviso la tua assenza
con Istanti di pienezza
sulla baia dei cipressi
la potente melodia di una rientranza
sulla strada, c’è il rumore originario
il nesso che mi lega e ti allontana
da una soglia che separa e torna a unire
la percezione del paesaggio al suono
cogliendo nel colore dello sfondo noi
l’anima di una gioia lancinante,
il gemito, dei cipressi senza braccia,
che dona il compimento del brusio
l’intimità del canto che si spiega nel respiro
-siamo nell’assenza delle immagini il silenzio–
Vivono in disparte in cima al campo
prossimi ciascuno all’altro, un corpo solo
in mezzo a loro il buio impenetrabile
può attraversarti di una luce commovente
che non puoi dimenticare. E questo avviene
E li chiamo i miei Amici
come avessimo una mano sola
nella comunione. Siamo così.
Ci ascoltiamo. raccolti a sera
se chino il capo una pena si fa grande,
se lo innalzo
comprendo la loro forza dentro il vento
a celebrare quello che han vissuto-
se li tocchi iniziano a parlare
coi profumi- con un canto
per non smarrirmi anch’io dico di me
delle ore coi pianeti nella stanza
di quel dolore. Quando chiedono di Te,
nel principio e nella fine,
si sostengono l’un l’altro
sfiorandomi la solitudine, solenni,
come fossi dentro di loro e in ogni tronco
la preghiera della sera, un dramma, il compimento
le loro braccia insieme, un Padre Nostro, nulla
e un piccolo anello inesauribile di sillabe
fino a sentire il loro sonno sul mio petto.
Allora vado Via fino a domani.