Vorrei piovesse con violenza a mezza strada
mentre riparto sulla tratta giornaliera
dell’asfalto diviso in due dal fuoco
ore di pioggia nella corsa per guarire
di mia madre. vorrei un fiume, il symbolon
da combaciare limpido col sale
-non un filo che non fluisce in volto-
nella nicchia minima degli occhi, piangere
discesa a nudo per risorgenza, identes
Dell’affluente tortura chiedo il getto
contro il corpo l’acqua. nel fragore
di una lastra di ghiaccio che si muove
-non distacco delle ancore dal secco-
sulla resistenza dell’argine di nero
C’è una colonna di luce In transito
fra gli spalti notturni si dilata-
nel gesto largo della Donna- inconsapevole
rompe le acque del rifugio Ed esce.
in un angolo appartato tra le acacie
nel cesto vuoto sulle spalle d’erba medica
torna a piovere la Luce in grosse gocce
congiungendo in lacrime i due regni