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Con quale forza La notte densa
sollevò -in grida- un albero nero
.con tutto il peso di una nascita.
invaso di volti, di lampi e una vita
sola nella -sua- voce! Mi ricongiunsi
a tentoni nello squarcio – cancellato
il cielo- tra la mano e i rami
intuendo il profilo grave
la cavità oscura Scossa
Fu piena l’aria d’acqua ferma
vicino, forte
da non potere dimenticare
come cresceva lo spazio la paura
il confine delle cose, in eterna attesa
di quel nome chiamato verso il bosco
Piantai una candela per ogni fitta
per illuminare le macchie cieche
sotto la pelle -a figura intera-
le radici della casa vacillante
per riempire il muro del lieve della luce
le piantai a spargere speranze
negli occhi vuoti per accogliere
-immaturi-di lasciarla andare via
La sera prima.
Poi venne Il Giorno, là dentro,
deciso. l’angelo puntava il dito
verso. il sole alla fine della terra
E un albero bianco in cielo
attraversò la stanza
col giuramento di restare
in piena luce
a quella stessa ora dello sguardo
che la porta chiude senza Lei
Eterna