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in orazione

ricomponi la cavità scalza della solitudine

della conca dei suoni a sera

nella stanza dove arrivano i rumori

nella liberazione del riparo

la gravità dei piedi al cuore orizzontale

si frange nella quotidiana profezia

che conta la vicinanza percorribile

a guadare. i dintorni della verità

-tenendo la corda appesa a un cielo

che singhiozza condiviso sulle labbra

ancora umide di miele- si sciolgono

   mentre schiocca nella bocca

soffre l’aria che esce fino a nascere

in un altro fiato suono primitivo

vergine come i rumori dell’infanzia

il profilo notturno appare e piove

ammorbidendo briciole di pane

secche dalle ore lunghe del giorno

 

Resto lì. e so di essere. chissà dove