” La speranza durava intatta ventiquattr’ore.
Tutti avevano ventiquattr’ore.(..)
I cumuli di neve ammassati dal vento
prendevano forma di corpi rannicchiati,
e una folata che sibilava sopra una sporgenza rocciosa
pareva un debole grido di aiuto.
Oppure, in quegli improvvisi,
attutiti silenzi che a volte calano in montagna,
quando il vento muore e resta sospeso in una quiete cristallina,
capitava che qualcuno sentisse il pulsare delle proprie vene
e lo scambiasse per il battito del cuore di un altro.”
(Da: Il suo vero nome-“Jacinta” – C. D’Ambrosio)
Ho udito il suono nel midollo
Un bagliore solo
Vocali di luce, alte, vive
staccarsi senz’aria dalla roccia
come polmoni nati in Tibet
l’amore
con abile torsione
dappertutto s’annidava,
prima del volto e l’erba alta alle ginocchia,
sei diventato grande
Di irremovibile bellezza
nascosta aurora – il desiderio di una donna –
là, sull’albero, sfiorava l’Altro canto
tenuto nell’azzurro, in abbandono
per la dolcezza che trattiene
in fondo al petto
come avvicinarsi il più possibile
e sprofondare le tue mani una carezza
che nessuno può penetrare in altro modo
la presenza immaginata ai nostri occhi.
Questa è l’unica cosa che posso dire
della sua Poesia : mi tocca per immagini
levando lo sguardo -appena oltre
i passi – nello spazio delle ore
necessarie a respirare
alla neve che saliva poi si apriva
spostandosi nel cielo
quando batteva il cuore sul torace
negli strati più soffici di neve
in quel silenzio
al centro, viva