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Notturni crudeli battono chiodi alla  croce

-oscilla su di un carro di neve, poi ancora

alle pareti – di buio trattengo l’aria,

le parole sulla lingua si tuffano nell’acqua

dove niente di umano può vivere a lungo

una colpa.  Nuoto in altri occhi,

altre mani accendono l’ll canto invisibili

di cristallino dolore. la montagna trema da  sotto

pure è senza tormento. L’ Ararat finisce

con l’Aurora e ricomincio a dimenticare

la notte lungo l’ll viso inquieto di minuti

quando claudica il silenzio limpido  di voci 

                                          -quasi cieca al giorno  l’urna che accoglie

                                        un’altra notte, uscita dal suo  fiume,  brucia